La responsabilità del cristiano è “l’esercizio rigoroso della responsabilità politica e sociale, economica e finanziaria” e “certo, avere il senso di Dio qui aiuta non poco”.
Poi il Patriarca ha fatto un riferimento preciso: “Bisogna in ogni modo - come evidenzia, purtroppo, il caso delle banche venete e a cui non si può non fare riferimento - mantenere sempre alto (da parte di tutti) il livello di attenzione, di vigilanza e di responsabilità: ciò è assolutamente necessario per evitare dissesti ma, soprattutto, per perseguire e garantire livelli adeguati di giustizia sociale, in specie quando a rimetterci sono proprio i cittadini più deboli, i piccoli risparmiatori”.
Sul tema delle migrazioni il Patriarca ha detto: “la distinzione fra migranti rifugiati e migranti economici non è facile, non è scontata, non convince. Qui la politica non può più balbettare; deve parlare un linguaggio chiaro, deve avere soprattutto un progetto di cui - fino ad oggi - è stata priva e ci pare ancora priva, poiché i migranti e chi li accoglie devono sapere all’interno di quale progetto politico e sociale si muovono”. Niente facili slogan, ma “solidarietà e realismo devono andar insieme”. Basta alla politica fatta “ di annunci e tweet che, talvolta, non risultano veritieri e, altre volte, invece, ridicoli per la loro ovvietà”.
Senza attenzione al bene comune ma con una politica fatta da lobbies politica o da lobby “saremo costretti a rivedere cose già viste, con la differenza che, oggi, sono a disposizione mezzi molto più potenti che alcuni decenni fa non esistevano e ora consentono, attraverso la rete, di compiere in tempo reale operazioni, una volta, impensabili”.
Niente approcci ideologico allora piuttosto “una politica che ami un confronto e un incontro reale e che miri a risolvere, almeno in parte, i problemi deve, innanzitutto, esser capace di suscitare spazi di vera laicità – liberi dalle differenti forme di ideologie - ponendo al centro la persona umana” con una attenzione a “diritti e doveri. Bisogna così riscoprire i principi della reciprocità, dell’accoglienza, della solidarietà, della legalità, della certezza del diritto, della pena volta a redimere, senza dimenticare l’essenziale e pieno rispetto della cultura, delle leggi e delle tradizioni del Paese ospitante”.
E aggiunge Moraglia che come “abitanti della medesima città abbiamo diritto di sapere come, sui temi sensibili del vivere comune, la pensi chi abita accanto a noi, il vicino della porta accanto” come se la donna ha diritti? E, nei confronti dell’uomo, quali? esiste il diritto alla libertà religiosa? quali sono, se ci sono, i limiti dello Stato nei confronti del cittadino? si ha il diritto d’esser rispettati nella propria libertà di coscienza da parte di chi non condivide la nostra fede e cultura? alla fine, l’“altro” è considerato un ostacolo, un nemico o un compagno di viaggio con cui condividere alcune mete in vista del bene comune?”.
Perché Venezia, “ponte” tra Occidente e Oriente “deve vivere la sua identità in modo inclusivo ed essere città accogliente che sa conservare viva la propria storia nella quale ci sono luci e ombre”.
Moraglia ha parlato di “sana laicità” per la “convivenza fra persone di differenti culture, etnie, nazionalità” come “la miriade di palafitte su cui poggia ed è stata costruita la nostra città Venezia e grazie alle quali - nonostante il passare dei secoli e l’ambiente delicato della laguna - la città continua a vivere”.
E così ecco il tema della cura del Creato e del destino della laguna: “È doveroso a questo punto richiedere che, in tempi accettabili, vengano portate a compimento le grandi opere iniziate, innanzitutto verificandone il funzionamento; è qualcosa di dovuto alla città e ai suoi abitanti che, in vari modi, hanno contribuito alla loro realizzazione”.
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