Città del Vaticano , giovedì, 13. luglio, 2017 14:00 (ACI Stampa).
Come interpretare l’Amoris Laetitia? Attraverso l’unità che viene dalla fedeltà al Vangelo. Utilizzando le categorie della coerenza, più che quelle della frattura. Guardando alla necessità di una pastorale del vincolo coniugale. E arrivando a comprendere che una dichiarazione di nullità non è mai la soluzione del problema, ma piuttosto la certificazione di un problema.
Sono queste le risposte date da un libro che è fondamentale per andare oltre il dibattito che si è creato intorno all’Amoris Laetitia, superando scogli dottrinali che sembrano insormontabili. In Amoris Laetitia. Accompagnare, discernere e integrare (Cantagalli) I professori José Granados, Stephan Kampowski e Juan José Perez-Soba mostrano uno sguardo più largo sulla vicenda. Non la casistica della comunione ai divorziati risposati, ma piuttosto la necessità di un maggiore impegno personale. Non l’adattamento della legge, ma la comprensione della legge. Una bussola con un approccio pratico, perché “pratiche” sono le questioni che ha sollevato l’Amoris Laetitia, quelle “dei pastori che ascoltano le confessioni, quelle dei vescovi che indicano line di azione pastorale ai loro sacerdoti, quelle di famiglie attive nella pastorale famigliare”.
La consapevolezza degli autori è che “i problemi delle famiglie e della pastorale famigliare non si risolvono, certo, ricorrendo a nuove normative o ad eccezioni alle antiche regole”, ma che questo no rappresenta piuttosto “il sì al Vangelo della Famiglia”.
Un sì che viene dal riconoscere tre coerenze all’interno del testo dell’Amoris Laetitia: la coerenza rispetto all’itinerario sinodale, la coerenza del documento in sé che renderebbe assurdo parlare di un discernimento soggettivo, e la coerenza della tradizione della Chiesa.
E così, ci vuole l’accompagnamento, che “si oppone alla frettolosa soluzione dei problemi”, ed è piuttosto consapevole del tempo necessario “affinché mature la verità dell’amore nella persona”. La richiesta dell’accesso ai sacramenti “non può essere intesa come la richiesta di un diritto” e “il sacerdote o una persona incaricata non può in nessun modo concedere un permesso affinché tale persona si possa accostare ai sacramenti”, tanto più che “non è quello che ha fatto Papa Francesco.