Bucarest , mercoledì, 5. luglio, 2017 14:00 (ACI Stampa).
“É fondamentale che la paura di non essere accettati o il desiderio di piacere agli altri non ci derubano della nostra missione profetica”. Anton Ziolkovsky, segretario esecutivo della Conferenza Episcopale Slovacca, delinea così con ACI Stampa le sfide della Chiesa in Europa. Lo fa al termine di un incontro dei segretari generali delle Conferenze Episcopali Europee, organizzato dal CCEE (Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee), che si è tenuto a Bucarest dal 30 giugno al 3 luglio.
Un incontro tutto dedicato al tema dell’Europa pluralista. Dalla pluralità culturale al pluralismo economico, dalla pluralità politica a quella sociale e religiosa, fino alla pluralità ecclesiale: sono queste le sfide che attendono la Chiesa in Europa. Il comunicato finale dell’incontro sottolinea che “solo se la Chiesa sarà libera da preconcetti, forme di strumentalizzazione e, a volte anche da leggi al limite del rispetto del diritto alla libertà religiosa, potrà compiere tale servizio, e portare il suo proprio e specifico contributo”. Una prospettiva che “appare oggi particolarmente difficile per la tendenza di separare la fede dalla ragione e di relegare sempre di più la religione alla sola sfera privata dell’esistenza umana”.
Monsignor Ziolkovsky, il tema dell'incontro è "Le Chiese in una Europa pluralista". Quali sono le sfide che avete trovato più importanti nel vostro incontro? Quali quelle comuni a quasi tutte le conferenze episcopali? E quali quelle più specifiche?
Viviamo in una società pluralistica, in mezzo alle persone che appartengono a diverse nazioni e razze, che parlano diverse lingue. La Famiglia è il primo luogo in cui impariamo di rispettare la libertà dell’altro, nonostante le varie opinioni differenti. Dobbiamo capire che il mondo in cui viviamo non è il nostro nemico, ma può arricchire la nostra fede. Il problema del rapporto tra la Chiesa ed il mondo moderno sembra ricomparire continuamente. Il pluralismo è una realtà che non possiamo evitare: impariamo di essere testimoni della Verità che è Gesù stesso – in mezzo di una società pluralistica. Questa pluralità si dimostra nella famiglia, ma anche nella stessa chiesa. Se – come cattolici – veramente viviamo la propria identità religiosa, possiamo arricchire questo mondo. Però, non è facile, siccome viviamo in un mondo secolarizzato. Soprattutto i paesi dell’Europa centrale ed orientale sentono – per quanto riguarda le questioni di cultura ed etica – sentono una pressione esterna, mirata a causare danni a quest’identità. Non dovremmo sottovalutare le minacce per i cristiani - contenute anche nella cosiddetta Convenzione di Istanbul. La pluralità può diventare pure un giogo – soprattutto per le chiese locali che sono in minoranza - per esempio nell’oriente ortodosso o nell’occidente secolarizzato. La società pluralistica, purtroppo, seleziona tra gli atteggiamenti della chiesa solo quello che le conviene. Quando parliamo della cura dei poveri, tutti applaudono. Quando, però, iniziamo a parlare della protezione di vita prima del parto, ovvero del matrimonio come unione tra un uomo ed una donna, le stesse persone improvvisamente dicono che sovrapponiamo le nostre opinioni alla società. La sfida più grande, però, sta nell’aspirazione di capire l’altro, affinché la luce del vangelo possa entrare nella sua cultura - e trasformarla.
Nella Ecclesia In Europa, Giovanni Paolo II, citando il Vangelo di Luca, si chiedeva se il Figlio dell'Uomo quando tornerà troverà la fede sulla terra. La mia domanda è: troverà la fede in Europa? E quanto è difficile rimanere cattolici di fronte alle ondate di secolarizzazione?