Londra , giovedì, 28. maggio, 2015 11:02 (ACI Stampa).
È con una lunga “lecture” per il Giorno della Comunicazione indetto dalle Conferenze Episcopali di Gran Bretagna e Galles che Lord Christopher Patten, il presidente del Comitato incaricato di proporre una riforma per la comunicazione vaticana, ha svelato mercoledì 27 maggio il piano di riforma, che ora è al vaglio di una ulteriore commissione. La proposta è quella di una unica struttura (alcuni la chiamano Segreteria per la Comunicazione) composta da cinque dipartimenti, che partano dalla pastorale ma abbiano anche un comparto amministrativo. Il budget è importante, perché uno dei compiti del Comitato, ha rivelato Lord Patten, era quello di arrivare ad un risparmio sui circa 70 milioni di euro spesi per i media ogni anno.
È la prima volta che Christopher Patten parla in pubblico della sua esperienza come capo del Comitato della Comunicazione. Annunciato dal Cardinal George Pell il 9 luglio 2014, nella Conferenza Stampa che raccontava la grande riforma dell’economia vaticana, il Comitato era composto da laici e membri dei dipartimenti ecclesiastici. Aveva colpito l’assenza di alcuni media vaticani come il CTV, che invece poi è rientrato nella nuova commissione. Il compito era quello di mettere insieme le esperienze, trovare un coordinamento tra le strutture vaticane, ma anche tra le conferenze episcopali. Lord Patten, in fondo, lo dice chiaramente: Roma è un “hub,” un centro, e tutto deve partire da Roma.
La “lecture” di Lord Patten parte da lontano, da quando lui ha cominciato ad entrare in contatto con gli officiali vaticani in occasione del viaggio di Papa Benedetto XVI nel Regno Unito, alla sua esperienza nella BBC, alla chiamata del Cardinal Pell. E racconta le criticità che il comitato ha dovuto affrontare: la necessità appunto di razionalizzare, ma anche di tagliare i costi di 70 milioni di euro.
Varie le criticità che il Comitato ha riscontrato. Elenca Lord Patten che “il Comitato ha notato che la forte compartimentazione delle attività dei vari enti media, e l’autonomia istituzionale degli enti stessi, lavora contro la possibilità di sviluppare una politica di comunicazione unificata e riduce l’efficacia dell’operazione in generale.” Una mancanza di coordinamento che porta a doppioni nformativi e anche la moltiplicazione delle traduzioni, della gestione dei diritti, delle relazioni con i media. Un quadro troppo complicato, sottolinea Lord Patten. Che si aggiunge all’assenza di “un management coeso” che mette a rischio la capacità della Santa Sede di mantenere un approccio editoriale forte attraverso i suoi media.” Che sono frammentati, tanto che è difficile persino “fornire contenuti multimediali,” mentre il fatto che esistano “differenti e indipendenti centri di gestione amministrativa per ogni operazione media significa che c’è poca possibilità di sviluppare una politica per determinare il migliore uso della risorse umane.” Nota, Lord Patten, che l’85 per cento dei soldi sono investiti su giornali e radio, mentre televisione e social media hanno poche risorse.
Ecco allora le raccomandazioni della Commissione. Una unione di tutti i media “all’interno di una struttura unificata di governance e management.” Questa struttura “sarebbe responsabile di proporre la missione della comunicazione della Chiesa in generale e di gestire in particolare le operazioni media della Santa Sede.” Le sue responsabilità dovrebbero essere valutate da un “board esterno”, con rappresentanti della Segreteria di Stato, della Segreteria per l’Economia, delle Conferenze Episcopali, di organizzazioni per i media cattolici ed esperti individuali.”