A tale proposito la Comunità di Sant’Egidio ha attivato anche i corridoi umanitari: in cosa consistono?
“Nati dalla collaborazione tra istituzioni, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e Ministero dell’Interno, e società civile, Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche e Tavola Valdese, i corridoi umanitari sono un programma di accoglienza in Italia rivolto a migranti in condizione di particolare vulnerabilità: donne sole con bambini, vittime del traffico di essere umani, anziani, persone con disabilità o con patologie. Essi sono uno strumento per far arrivare in sicurezza in Italia persone, che scappano dalla guerra e sono profughe in Libano ed in Eritrea, con i documenti già pronti con l’aereo. Quindi senza costringerli a fare le traversate del mare”.
Perché la scelta è caduta sul Libano e sull’Eritrea?
“Nel Libano abbiamo iniziato a seguito della guerra in Siria, perché molti di quelli che affogano nel mar Mediterraneo sono siriani, che scappano dalla guerra. Quindi, siccome molti siriani scappano in Libano, ci sembrava che quello fosse il primo posto. La scelta dell’Eritrea è stata fatta in quanto molte persone fuggono proprio da quel luogo ed attraverso il deserto trovandosi sulle sponde del mar Mediterraneo si imbarcano sui gommoni e la storia finisce spesso malissimo”.
Potrebbe essere anche un modo per rispondere al nostro bisogno di sicurezza?
“Sicuramente, in quanto la lista dei possibili beneficiari dei corridoi umanitari è vagliata dal Ministero dell’Interno, previa individuazione e segnalazione dei casi più bisognosi di tutela da parte del personale della Comunità di Sant'Egidio, della Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane e della Tavola Valdese, presente nei Paesi coinvolti nel programma. Il Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale effettua quindi i controlli necessari per la concessione dei visti. Inoltre una volta arrivati in Italia i profughi sono accolti dai promotori del progetto e, in collaborazione con altri partner, sono ospitati in diverse case e strutture di accoglienza disseminate su tutto il territorio nazionale. Qui è loro offerta un’integrazione nel tessuto sociale e culturale italiano, attraverso l’apprendimento della lingua italiana, la scolarizzazione dei minori ed altre iniziative. In questa prospettiva è anche consegnata una copia della Costituzione italiana tradotta nella loro lingua”.
Ma non si rischia qualche infiltrazione mafiosa?
“No, perché con i corridoi umanitari tutti coloro che partono sono già ‘vagliati’ in partenza con documenti già approvati dalle autorità italiane in sede locale”.
Chi finanzia tale operazione?
“Il progetto dei corridoi umanitari non pesa in alcun modo sullo Stato: i fondi per la realizzazione del progetto provengono in larga parte dall’otto per mille della Chiesa Valdese, ma anche da altre raccolte, come la Campagna di donazioni lanciata dalla Comunità di Sant’Egidio. La Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (nell’ambito del suo programma ‘Mediterranean Hope’), la Tavola Valdese per il tramite della Commissione Sinodale per la Diaconia (CSD) e la stessa Comunità di Sant’Egidio provvedono alle spese per l’ospitalità dei profughi. Inoltre, i promotori del progetto si avvalgono della collaborazione di alcuni partner e associazioni terze. Sta partecipando attivamente al progetto anche la Repubblica di San Marino offrendo ospitalità”.
Ed anche la Francia è interessata ai corridoi umanitari: “Anche la Francia ha deciso di farli e si stanno approntando gli strumenti”.
Quindi potrebbero essere un modello per l’Europa?
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“Le associazioni proponenti, attraverso contatti diretti nei paesi interessati dal progetto o segnalazioni fornite da attori locali (ONG, associazioni, organismi internazionali, chiese ed organismi ecumenici, ecc.) predispongono una lista di potenziali beneficiari. Le liste dei potenziali beneficiari vengono trasmesse alle autorità consolari italiane dei Paesi coinvolti per permettere il controllo da parte del Ministero dell’Interno. Per questi motivi i corridoi umanitari si propongono come un modello replicabile dagli Stati dell’area Schengen e non solo da associazioni o privati”.