Città del Vaticano , mercoledì, 21. giugno, 2017 12:00 (ACI Stampa).
Nessuna presa di posizione politica, ma un impegno deciso a favore dell’accoglienza in una opinione pubblica divisa: Péter Szőke, della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale Ungherese, spiega così la situazione immigrazione nel suo Paese.
Lo fa a margine del seminario di due giorni organizzato dalla sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per lo Sviluppo Integrale, al termine del quale i partecipanti hanno redatto una lista di 16 raccomandazioni da presentare alle organizzazioni internazionali in vista del global compact. Parlare dell’Ungheria è importante, perché la gestione dei flussi migratori del governo Orban, che ha portato a proteggere i confini con un reticolato al confine con la Serbia, è stato spesso contrapposto alla necessità di accoglienza predicata da Papa Francesco. Szőke dà ad ACI Stampa un quadro globale della situazione.
Quali sono le questioni in gioco?
I numeri dei migranti si sono ridotti. Quest’anno sono state presentate meno di 2 mila richieste di asilo, e quelle che l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati deve tutelare o comunque seguire sono meno di 600. Il reticolato sul confine con la Serbia ha fatto sì che i migranti, i rifugiati e i richiedenti asilo volessero evitare l’Ungheria. Tra l’altro, per effetto dell’accordo tra Unione Europea e Turchia, la rotta balcanica è praticamente chiusa.
Come vengono gestiti i richiedenti asilo?