Loreto , lunedì, 12. giugno, 2017 9:00 (ACI Stampa).
Di questo 39^ Pellegrinaggio Macerata-Loreto nella mia memoria resteranno due immagini particolari: un cartello con la scritta italo cinese ‘Pechino Cina’ ed una giovane famiglia con tre bambini, che al termine della celebrazione eucaristica si incamminavano verso Loreto cantando le preghiere alla Madonna, con la bambina più piccola nel marsupio posto sulle spalle della mamma, che dall’alto incuriosita e tranquilla dispensava i sorrisi ed i saluti agli altri pellegrini intorno.
Queste due immagini possono far comprendere il gesto di un popolo che nella notte ha camminato per affidare la propria vita ed i propri desideri alla Madonna di Loreto, come ha sottolineato papa Francesco nella consueta telefonata ai pellegrini prima della partenza, mentre la Fiaccola della Pace, che ha attraversato i paesi colpiti dal sisma, stava per essere accesa: “Io auguro che questa sera, nel cammino e nel pellegrinaggio, ognuno di voi senta la voce di Gesù: ‘Mi ami tu?’. Che pensi e risponda a Gesù. E poi domandagli a Gesù: ‘Gesù, mi ami tu?’. E che tu senta quello che Gesù dice al cuore… Un abbraccio grande e un buon pellegrinaggio con questa frase a doppio senso”. Ed il sindaco di Macerata, Romano Carancini, nel saluto di benvenuto ai pellegrini nella città di padre Matteo Ricci ha invitato il papa ad essere presente nello stadio ‘Helvia Recina’, il prossimo anno per il quarantennale del cammino notturno.
Anche il vescovo diocesano, mons. Nazzareno Marconi, ha dato il benvenuto nella città di Maria e di padre Matteo Ricci: “L’incontro tra Gesù e Pietro sulla riva del lago, dopo il rinnegamento e la resurrezione, è il contesto di quella domanda di Gesù, che guida il nostro pellegrinaggio. Pietro siamo noi: rinnegatori pentiti, discepoli fragili, ormai ben coscienti che la perfezione non la raggiungeremo. E’ lontano il tempo in cui, contando sulle nostre forze, promettevamo al Signore: ‘darò la vita per te’. La nostra fede non è per gli eroi, ma per gli umiliati dai propri errori, che sono diventati umili… Nel mondo di oggi, che usa la parola ‘amore’ con tanta disinvoltura da farne uno slogan per vendere lavatrici, questa reticenza di Pietro è preziosa. E’ l’umiltà di cui abbiamo bisogno per riconoscere che abbiamo dimenticato il valore profondo di parole come: Amore, Dono, Gratuità, Perdono, Padre, Madre e forse anche uomo”.
Prima della messa mons. Antonio Marto, vescovo di Leiria-Fatima, ha inviato un video messaggio nel quale ha invitato i pellegrini ad affidare la propria vita alla Madonna: “Ora stiamo celebrando qui a Fatima il centenario delle apparizioni della Madonna. La Madonna ha portato qui un messaggio molto bello, molto ricco all’umanità del XX secolo, minacciata da due guerre mondiali e dai loro genocidi, e anche alla Chiesa, perseguitata dai regimi atei e totalitari. La Chiesa dei martiri del XX secolo. In questo contesto la Madonna ha portato un messaggio di grazia, di misericordia, di speranza e di pace… Dite un sì, un sì generoso, senza paura. Questo sì lo aspettano, lo stanno aspettando Maria e Gesù”.
Messaggi ai pellegrini sono arrivati dal vescovo marchigiano di Camaçari – Bahia, mons. Giancarlo Petrini: “Dio vi benedica e rafforzi le vostre gambe in direzione del Destino, fino alla Meta”, da mons. Héctor Cubillos Pena, vescovo di Ziipaquirà in Colombia: “Oggi più che mai la Chiesa deve essere presente nella storia di tutti i popoli per farsi compagna nella sofferenza, nell’allegria e nella speranza per tutta l’umanità. Presenza d’amore e certezza che fanno brillare il Dio creatore e Salvatore e, attraverso la parola divina, la giustizia, la fraternità e la pace”. Mentre il vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili, ha ricordato le parole di papa Francesco alle popolazioni terremotate incontrate subito dopo Natale: “Papa Francesco incontrando le popolazioni terremotate ha indicato tre cose concrete da cui ripartire: il cuore, le mani, le ferite con le cicatrici. Il cuore prima della casa suggerisce che si tratta di mettere mano all’elaborazione del dolore e del disorientamento, senza fretta, esercitando una grande pazienza verso se stessi. Le mani dicono della necessità di procedere speditamente nel lavoro senza incertezze, inciuci, equivoci o collusioni… Abbiamo costruito un mondo di sicurezze artefatte, ma la vita resta, per definizione, un rischio. E chi vuole imbellettarla fatica poi a viverla nel concreto. Siamo diventati più asciutti e più concreti. Questo tempo non è stato certo il più bello, forse neanche il più brutto. Di sicuro il più vero”.