Dublino , martedì, 26. maggio, 2015 15:30 (ACI Stampa).
“Il referendum è stato vinto con il voto dei giovani, e il 90 per cento dei giovani che hanno votato sì ha frequentato scuole cattoliche.” L’amara constatazione dell’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin sul voto al referendum irlandese del 22 maggio delinea forse meglio di tutti il vero problema in Irlanda. E cioè quello del fallimento della Chiesa cattolica, la maggiore agenzia educativa del Paese, che non è stata in grado di dare argomenti ragionevoli ai giovani che andavano crescendo, e che sono stati bombardati da una campagna per il sì senza precedenti.
A qualche giorno dal voto che va a cambiare la Costituzione irlandese, permettendo così il matrimonio tra persone dello stesso sesso, c’è da guardare indietro e fare una riflessione più ampia. Da una parte, il dato positivo. La campagna per il sì ha avuto l’appoggio di 160 su 166 membri del Parlamento, il 90 per cento dei fondi (provenienti anche da multinazionali americane) andava alla campagna per il sì, non è stata nemmeno rispettata la ripartizione degli spazi televisivi, come è stato denunciato in un question time nel Parlamento Europeo, la Ryan Air ha dato voli a prezzi stracciati per permettere ai giovani di tornare ad esprimere il loro parere. Eppure, il 38,9 per cento delle persone ha votato ‘no’. Un atto quasi eroico.
Perché dall’altra parte, in molti sostengono la tiepidezza dei vescovi. Lo fa, in una intervista al Foglio del 25 maggio, l’ex cantante irlandese John Waters, agnostico praticante che ha scoperto la ricerca di Dio, ex compagno di Sinead O’Connor e messo alla porta come editorialista dell’Irish Times quando ha cominciato ad esprimere le sue posizioni in favore del matrimonio eterosessuale. John Waters auspicava persino un intervento della Santa Sede. Ma il nunzio Charles Brown, un ex officiale della Congregazione della Dottrina della Fede trasferito alla carriera diplomatica con il compito di ricostruire il tessuto della Chiesa irlandese, poco può fare in questa situazione, ed ha obiettivi molto più ampi.
Che riguarda proprio l’educazione, e che si trovano nella famosa lettera che Benedetto XVI inviò alla Chiesa di Irlanda nel 2010, a seguito degli scandali pedofilia che più che l’inizio della fine furono il climax di una progressiva erosione dell’educazione ecclesiastica.
Nella lettera, Benedetto XVI ragionava sull’importanza delle scuole cattoliche nel Paese, che avevano fatto fiorire le vocazioni. E sottolineava come queste avessero poi ceduto alla cultura secolare. Scriveva Benedetto XVI: “Negli ultimi decenni, tuttavia, la Chiesa nel vostro Paese ha dovuto confrontarsi con nuove e gravi sfide alla fede scaturite dalla rapida trasformazione e secolarizzazione della società irlandese. Si è verificato un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici.”