Città del Vaticano , lunedì, 12. giugno, 2017 14:00 (ACI Stampa).
Ipogeo dei Flavi, arcosolio di Veneranda, cubicolo di Ampliato, arcosolio degli Apostoli Piccoli. Nomi che per molti non dicono nulla, ma se si arriva a vederne le pitture, appena tornate alla loro luce originale, si capisce che senza averle mai viste si perde una parte importante della storia dei primi cristiani a Roma. Fanno parte della Catacomba di Domitilla sulla via Ardetina e raccontano la storia della pittura delle catacombe dalle origini, degli inizi nel III secolo, al declino negli ultimi anni del IV.
La Pontificia Commissione di Archeologia Sacra ha recentemente presentato al pubblico i lavoro di restauro e la creazione di un piccolo e prezioso museo accanto all’ingresso della basilica dei Santi Nereo ed Achilleo.
“Le scoperte più interessanti - spiega il professor Fabrizio Bisconti soprintendente dalla Pontificia commissione di archeologia sacra- sono venute da due cubicoli monumentali della piena età costantiniana, completamente ricoperti di una patina nera e da un numero impressionante di graffiti anche moderni. Con l’uso del laser i due cubicoli hanno mostrato i loro programmi decorativi in tutto il loro sviluppo, proponendo vere e proprie scoperte, anche se i due cubicoli erano noti da molti secoli”.
Il museo, spiega Bisconti riunisce “alcuni materiali marmorei (sarcofagi e iscrizioni) dispersi nelle catacombe romane o scoperti nel complesso di Domitilla per creare un filo conduttore, che si dipana dal II al IV secolo d.C. e che svolge tre significativi temi iconografici, che animarono il pensiero dell’antichità e della tarda antichità, ovvero “Il mito, il tempo, la vita””.
La storia delle catacombe di Domitilla racconta anche di un “traffico delle reliquie”, nel corso del ‘700, quando le catacombe di Domitilla divennero “cave” di “pitture strappate”.