Già dopo il suo arrivo della sera precedente aveva chiamato “Volto della verità” il volto sul velo di bisso marino, che fino al 1527 era stato a lungo venerato a Roma come “Velo della Veronica”. Questa sarebbe stata la sua prima impressione quando ha visto qui di persona per la prima volta l’immagine vivente, che prima aveva conosciuto solo attraverso delle copie che gli erano state regalate. Si era “sentito abbracciato e accolto da questo sguardo pieno di tenerezza in un volto che parla, che è vivo e non incute alcun timore. E’ il Volto della verità”.
“Ma come è possibile per noi vedere Gesù?” si chiede ancora. “In quanto peccatori non abbiamo né il merito né il diritto di vedere il Suo volto. Ma lo vediamo e viviamo. Com’è possibile?”
Anche a ciò risponde secondo lui il vangelo di Giovanni. “Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e io lo amerò e mi manifesterò a lui.” A rigor di logica quindi non vedremmo il volto di Gesù, si dovrebbe dire più precisamente “che Egli ci manifesta il Suo volto, ci mostra il Suo volto e ci guarda, perciò vediamo. E’ pura grazia, puro amore incondizionato, però da parte Sua. Egli manifesta il suo volto, il suo vero Io. E non c’è alcun altro motivo, se non l’amore che Egli ha per noi.”
Questo volto tuttavia non è solo da vedere, ma anche da sentire. Perché “il volto di Gesù è il volto umano della parola di Dio e dei suoi comandamenti. E i suoi comandamenti ci indicano la via per la pace, la libertà, il perdono. Nel volto di Gesù vediamo la persona che ha realizzato completamente il comandamento dell’amore di Dio e del prossimo. In Lui sono visibili i comandamenti di colui che ci ha detto: ‘Venite a Me voi tutti che siete stanchi e affaticati.’”
Eppure ciò che abbiamo visto e udito e ciò che vediamo e udiamo qui, dobbiamo condividerlo con altri. Gesù è la nostra speranza certa. “Il suo amore per noi e il suo trionfo sulla morte sono il motivo della nostra speranza!
Vediamo il volto di Gesù perché Egli qui ci si manifesta. E’ il volto del Dio che ama che Egli ha rivolto a noi.”
L’omelia del pastore e pescatore dura quindici minuti e trenta secondi, fino all’ultimo “Amen”. Poi il cardinal Tagle va alla nuova sedia vescovile a destra dietro il presbiterio, che ora sembra sia stata posta qui per lui nella basilica, e prende il suo pastorale. Quando finalmente va all’altare per presiedere la celebrazione eucaristica non ci sono più dubbi che questo pescatore carismatico da ora in poi “getterà ancora una volta la rete dalla parte destra della barca” e la tirerà su “piena di pesci”.
Prima però il cardinale, nella stessa domenica, dopo aver celebrato la messa solenne, guida con cori e preghiere, insieme a padre Carmine Cucinelli e agli altri cappuccini della basilica, la processione col sudario di Cristo dalla basilica del Volto Santo giù per il colle Tarigni fino alla chiesa di San Nicola nella cittadina di Manoppello, seguito da una lunga fila di pellegrini. Saranno forse solo due chilometri di strada, ma il cardinal Tagle di Manila questa mattina li trasforma in una pietra miliare sulla lunga strada del ritorno della vera immagine di Dio nel mondo.
Tenendo conto di tutte le ragioni e ponderandole anche fra loro, non c’è alcuna alternativa ragionevole all’ipotesi che il santo velo di Manoppello si identifichi con quel “sudario” (in greco: soudarion) che l’evangelista Giovanni nel suo vangelo pasquale scopre e cita per la prima volta nella tomba vuota di Cristo la mattina di Pasqua a Gerusalemme (v. Gv 20,7).
Nessuna predica, per quanto intensa, può fortificare oggi in modo più attendibile di questo sudario di Cristo la debole fede della cristianità nella resurrezione di Cristo dai morti. In Gesù, Dio ha mostrato il Suo volto, non esiste ulteriore manifestazione. Pertanto continuiamo a non sapere cosa ci attende dopo la morte, ma sappiamo chi ci attende. “E’ il Signore!”.
Anche sul volto di Cristo nel Suo sacro sudario non si può dire altro se non: Dominus est.
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