New York City, New York , martedì, 30. maggio, 2017 18:00 (ACI Stampa).
Prima del dovere dell’accoglienza, c’è il diritto a rimanere nella propria terra. E lo sottolinea con forza padre Michael Czerny, gesuita, sottosegretario per la sezione migranti del Dicastero per il Servizio allo Sviluppo Umano Integrale, in un suo intervento tenuto al Global Compact sull’immigrazione che si è tenuto alle Nazioni Unite lo scorso 22 maggio.
Padre Czerny sottolinea che “pochi potrebbero negare che i grandi movimenti di rifugiati e migranti di oggi sono complessi, disordinati, imprevedibili, pericolosi”, hanno raggiunto le “proporzioni della crisi” e costituiscono un tema allarmante.
L’approccio suggerito è quello prima di tutto di fare una analisi precisa, andando oltre la paura o l’interesse personale, perché “c’è molto da apprezzare più che da temere, e molto da fare insieme che rigettare”, perché ognuna delle persone in movimento “rappresenta una particolare realtà cui si applicano i diritti umani, e la protezione di questi diritti resta sempre una priorità”.
Tutti vogliono che questi flussi migratori siano “sicuri, ordinati e regolari”, e tutti vogliono che i flussi vengano governati, con il rischio di portare a un controllo che non può essere esercitato senza mancare di tenere in considerazione alcuni fattori. E uno di questi fattori è proprio il diritto di ciascuno a restare nella propria terra.
Insomma, promuovere il diritto a restare è “un modo ancora più profondo e pratico” di affrontare le cause profonde” delle migrazioni, e che proprio questo diritto vada rinforzato per “prevenire la migrazione forzata e involontaria”, che diventa normalmente “ingovernabile e ingestibile”.