Carpi , domenica, 28. maggio, 2017 10:00 (ACI Stampa).
Dopo quaranta giorni dalla resurrezione, Gesù con l’Ascensione pone termine alla sua visibile presenza tra gli apostoli e promette la forza dello Spirito Santo. Si stacca da loro e fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi (At 1.8-9). L’Ascensione rappresenta il trionfo di Gesù. San Bernardo di Chiaravalle afferma che con l’Ascensione l’opera della salvezza appare compiutamente realizzata.
Con l’ascensione, quindi, torna ad aprirsi per noi “la porta del paradiso, che il peccato di Adamo aveva chiuso”. La nostra umanità, infatti, finalmente raggiunge la gloria, è innalzata fino alla sublimità del cielo. Gesù quale Primogenito di molti fratelli (Rm 8.29), ci porta in Paradiso. In Lui l’uomo è pienamente riuscito, si trova definitivamente unito al Padre.
E’ questa la ragione per la quale il testo sacro precisa che, sebbene il Signore si allontani dai discepoli, essi furono pervasi da una grande gioia. Perché?
1 . Perché scrive San Tommaso, l’umanità gloriosa di Cristo al cospetto del Padre equivale a una supplica per noi. Essa è un’implorazione ad avere pietà di coloro per i quali il Figlio di Dio ha assunto la natura umana (Summa Theologiae III, 57, 6, in c).
2 . Perché celebrando questa festa noi celebriamo il nostro destino e la nostra vocazione: siamo stati creati per essere alla destra del Padre. Nell’Ascensione, dunque, noi troviamo il fine della nostra vita e scopriamo la nostra sorprendente dignità di figli di Dio, destinati alla gloria.