Cairo , venerdì, 26. maggio, 2017 10:00 (ACI Stampa).
È una Chiesa a fianco della popolazione, che fa sue le sfide del Paese: così il vescovo Emmanuel Bishay di Luxor, che ha contribuito ad organizzare il viaggio di Papa Francesco al Cairo, racconta la Chiesa d’Egitto. Un mese dopo, è il momento di fare un bilancio, e guardare indietro all’impatto della visita.
Cosa ha lasciato il viaggio di Papa Francesco in Egitto?
C’era una attenzione massima sulla visita del Santo Padre. Già dai giorni precedenti alla visita, i media erano concentrati sull’arrivo del Papa, raccontavano il suo atteggiamento con il mondo musulmano e il suo coraggio, ma anche il buon rapporto con la Chiesa copta ortodossa. E anche i giorni dopo, dopo i suoi discorsi – con una particolare attenzione al discorso alle autorità civili e a quello pronunciato alla conferenza per la pace promossa dall’Università di al Azhar – si è notato molto apprezzamento per le sue parole. Possiamo dire che la sua visita è stata prsa molto seriamente da tutti.
Per la Chiesa cattolica in Egitto, una piccola Chiesa in fondo, quale è stato il momento più importante della visita?
Non possiamo definire un momento più importante, perché tutto il viaggio, ogni singola parola del Papa, ha rappresentato per noi uno stimolo e un momento di riflessione. Ma, da cattolici, da fedeli, non possiamo dimenticare che il momento più importante è quello in cui si vive il senso pieno del pastore con il gregge, che è poi la Messa. Una Messa che ha visto la partecipazione di oltre 20 mila persone. E poi, il discorso del Papa ai consacrati, che oggi viene utilizzato come stimolo di riflessione nei ritiri spirituali.