Città del Vaticano , sabato, 23. maggio, 2015 12:50 (ACI Stampa).
"Quello che è cambiato nel mondo globale non sono tanto i problemi, quanto la loro dimensione e la loro urgenza. Inedite sono l’ampiezza e la velocità di riproduzione delle disuguaglianze. Ma questo non possiamo permetterlo! Dobbiamo proporre alternative eque e solidali che siano realmente praticabili". Lo ha detto, aprendo il suo intervento, Papa Francesco nell'udienza concessa alle Acli nel 70/mo anniversario della loro fondazione.
"L'estendersi della precarietà, del lavoro nero e del ricatto malavitoso fa sperimentare, soprattutto tra le giovani generazioni - ha denunciato il Pontefice - che la mancanza del lavoro toglie dignità, impedisce la pienezza della vita umana e reclama una risposta sollecita e vigorosa, contro questo sistema economico mondiale, dove non c’è al centro l’uomo ma il dio denaro, un idolo che distrugge e provoca la cultura dello scarto: si scartano i bambini che non si fanno o si uccidono prima di nascere, si scartano gli anziani lasciati senza cure e medicine e con pensioni miserabili. E adesso si scartano i giovani: in questa terra tanto generosa il 40-45% per cento dei giovani non hanno lavoro". "Dobbiamo far sì che - ha detto ancora Francesco - attraverso il lavoro – il lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale – l’essere umano esprima ed accresca la dignità della propria vita".
Il lavoro - ha spiegato Francesco - deve essere libero. "Troppo spesso, invece, il lavoro è succube di oppressioni a diversi livelli: dell’uomo sull’altro uomo; di nuove organizzazioni schiavistiche che opprimono i più poveri; in particolare, molti bambini e molte donne subiscono un’economia che obbliga a un lavoro indegno che contraddice la creazione nella sua bellezza e nella sua armonia. Dobbiamo far sì che il lavoro non sia strumento di alienazione, ma di speranza e di vita nuova".
Il lavoro deve essere creativo, ma "può avvenire quando si permette all’uomo di esprimere in libertà e creatività alcune forme di impresa, di lavoro collaborativo svolto in comunità che consentano a lui e ad altre persone un pieno sviluppo economico e sociale. Non possiamo tarpare le ali a quanti, in particolare giovani, hanno tanto da dare con la loro intelligenza e capacità; essi vanno liberati dai pesi che li opprimono e impediscono loro di entrare a pieno diritto e quanto prima nel mondo del lavoro".
Il lavoro deve essere partecipativo, attraverso la logica relazionale. "Vedere cioè sempre nel fine del lavoro il volto dell’altro e la collaborazione responsabile con altre persone. Lì dove, a causa di una visione economicistica, si pensa all’uomo in chiave egoistica e agli altri come mezzi e non come fini, il lavoro perde il suo senso primario di continuazione dell’opera di Dio, opera destinata a tutta l’umanità, perché tutti possano beneficiarne".