Tawadros ricorda la dichiarazione comune di del 10 maggio 1973, rimarca il fatto che la sua visita del 2013 sia arrivata proprio nel giorno in cui si celebravano i quaranta anni dalla dichiarazione, plaude al lavoro dei cattolici nel campo della cultura e della ricerca scientifica, ricorda che l'Egitto, seppure ferito, è sempre stato un'oasi di pace e sicurezza, auspica il momento in cui copti cattolici e ortodossi potranno spezzare il pane insieme.
Anche il Papa fa riferimento nel suo discorso a quella dichiarazione comune di quaranta anni fa. Ma fa soprattutto riferimento alla dichiarazione che Gesù Cristo è il Salvatore, una confessione di fede della sede di Pietro e quella di Marco fanno insieme perché “essendo suoi, non possiamo più pensare di andare avanti ciascuno per la sua strada, perché tradiremmo la sua volontà”, né “ci è più possibili nasconderci dietro i pretesti di divergenze interpretative e nemmeno dietro secoli di storia e di tradizioni che ci hanno resi estranei”.
Non c’è tempo da perdere – dice Papa Francesco – che ricorda come non ci sia solo “un ecumenismo fatto di gesti, parole e impegno”, ma “una comunione già effettiva che cresce ogni giorno nel rapporto vivo con il Signore Gesù”.
È un cammino – afferma il Papa - che non sempre “è facile e lineare”, ma è appassionante, e viene accompagnato da un’enorme schiera di Santi e martiri che ci spinge ad essere quaggiù una immagine vivente della Gerusalemme di lassù”.
Papa Francesco ricorda che i cristiani sono chiamati a “testimoniare” Cristo, a “portare al mondo la nostra fede”, prima di tutto vivendo la fede perché “la presenza di Gesù si trasmette con la vita parla il linguaggio dell’amore comune e concreto”.
Il Papa invita cattolici e ortodossi a parlare “sempre più insieme” la lingua comune della carità”, chiedendosi sempre se le iniziative di bene possono essere fatte insieme ai fratelli cristiani, così “edificando la comunione nella concretezza quotidiana della testimonianza vissuta, lo Spirito non mancherà di aprire vie provvidenziali e impensate di unità”.
Papa Francesco mostra apprezzamento per i segni di dialogo e collaborazione che Papa Tawadros ha mostrato verso i fratelli copti cattolici, e poi ricorda che è proprio l’ecumenismo del sangue, il martirio che ha toccato tanti fratelli copti ortodossi, anche recentemente, fa maturare questo legame “in modo misterioso e mai attuale”.
Giovanni scrive che Gesù è venuto con acqua e sangue, e questo significa per il Papa “vivendo una vita nuova, nel nostro comune Battesimo, una vita di amore sempre e per tutti, anche a costo del nostro sacrificio del sangue”.
Ricorda il Papa: “Quanti martiri in questa terra, fin dai primi secoli di cristianesimo, hanno vissuto la fede eroicamente fino in fondo, piuttosto che rinnegare il Signore e cedere alle lusinghe del male o anche solo alla tentazione di rispodenre con il bene e il male”.
La Chiesa copta ortodossa ha un martirologio, che il Papa accomuna a quello cattolico, perché “unico è il nostro martirologio, e le vostre sofferenze sono anche le nostre sofferenze, il loro sangue innocente ci unisce”. La testimonianza dei martiri – aggiunge Papa Francesco– deve rafforzare le Chiese sorelle, chiamate ad adoperarsi per “opporci alla violenza predicando e seminando il bene, facendo crescere la concordia e mantenendo l’unità, pregando perché tanti sacrifici aprano la via a un avvenire di comunione piena tra noi e di pace per tutti”.
Ma non ci sono solo i martiri. In Egitto – ricorda il Papa – sorse il monachesimo, il prodigio di “una vita nuova, che fece fiorire in santità il deserto”.
In conclusione, il Papa chiede a Dio di ripartire con Tawadros “pellegrini di comunione e annunciatori di pace”.
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Dopo lo scambio di doni (il Papa dona una copia dell'icona di Maria Madre della Tenerezza, una delle più venerate dagli ortodossi, e una statua di San Francesco), e i discorsi, Papa Francesco e Tawadros firmano una dichiarazione comune, in 12 punti, che ribadisce "il profondo legame e fraternità" tra le due chiese, le quali hanno una comune esperienza con preghiere e pratiche liturgiche simili, con la venerazione dei primi martiri e il monachesimo, e che si sostanzia nell'impegno di Tawadros e il Papa a non ribattezare i fedeli che vogliono cambiare confessione cristiana.
La dichiarazione ripercorre le tappe verso l'unità, dall'incontro di Paolo VI e Shenouda alla visita di Tawadros in Vaticano nel 2013, passando per il viaggio di San Giovanni Paolo II in Egitto nel 2000.
“Siamo consapevoli - scrivono il Papa e Tawadros - che dobbiamo ancora fare molti passi in questo pellegrinaggio”, ma allo stesso tempo vengono riconosciuti nella dichiarazione i passi fatti, con la determinazione di “seguire nelle ore” dei predecessori, mossi dall’amore di Gesù Buon Pastore, con la profonda “consapevolezza che camminando insieme, cresciamo in unità”.
In attesa di poter fare la comunione insieme, le chiese sorelle “possono portare testimonianza a valori fondamentali come la santità e la dignità della vita umana, la sacralità del matrimonio e della famiglia, il rispetto della creazione”, nonché nella lotta alla secolarizzazione e alla globalizzazione dell’indifferenza.
Una parte della dichiarazione è dedicata all'Egitto, con l'impegno di un migliore dialogo con l'Islam per “l’unità e l’armonia della intera famiglia umana”, e la condivisione della preoccupazione per “il welfare e il futuro dell’Egitto”.
Infine, l'impegno comune: Tawadros e Francesco dichiarano mutualmente che “con un cuore e un’anima, cercheremo sinceramente di non ripetere il battesimo che è stato amministrato in alcuna delle nostre chiese per qualunque persona che desidera di unirsi all’altra”.