Cairo , mercoledì, 26. aprile, 2017 16:00 (ACI Stampa).
"Dobbiamo tutti operare per rafforzare l'impegno crescente a favore del dialogo interreligioso, un grande segno di speranza per i popoli del mondo. Le differenze di religione non hanno mai costituito un ostacolo, ma piuttosto una forma di arricchimento reciproco al servizio dell'unica comunità nazionale". Con queste parole Papa Giovanni Paolo II salutava il popolo egiziano al suo arrivo al Cairo, nel febbraio 2000. Papa Francesco - 17 anni dopo - si appresta dunque a percorrere lo stesso cammino di pace, ecumenismo e dialogo interreligioso tracciato dal suo Santo predecessore.
San Giovanni Paolo II ebbe parole d'affetto sia per la comunità cattolica copta definita "segno di unità della Chiesa", sia per quella ortodossa copta. All'allora Papa Shenouda, Giovanni Paolo II ribadiva l'impegno a "evitare qualsiasi forma di proselitismo, o metodi e atteggiamenti che sono in antitesi con le esigenze dell'amore cristiano o con ciò che dovrebbe caratterizzare le relazioni tra le Chiese". "Non ci conosciamo a sufficienza - aggiungeva Papa Wojtyla - troviamo modi per incontrarci! Cerchiamo forme adatte di comunione spirituale, come la preghiera unita al digiuno, gli scambi e l'ospitalità reciproci fra monasteri. Troviamo forme di cooperazione pratica".
L'Egitto è anche la terra dei Dieci Comandamenti. E Giovanni Paolo II - recatosi al Sinai, a differenza di Francesco che invece si recherà solo al Cairo - ricordava: "I Dieci Comandamenti non sono l'imposizione arbitraria di un Signore tirannico. Essi sono stati scritti nella pietra, ma innanzitutto furono iscritti nel cuore dell'uomo come Legge morale universale, valida in ogni tempo e in ogni luogo. Oggi come sempre, le Dieci Parole della legge forniscono l'unica base autentica per la vita degli individui, delle società e delle nazioni; oggi come sempre, esse sono l'unico futuro della famiglia umana. Salvano l'uomo dalla forza distruttiva dell'egoismo, dell'odio e della menzogna. Evidenziano tutte le false divinità che lo riducono in schiavitù: l'amore di sé sino all’esclusione di Dio, l'avidità di potere e di piacere che sovverte l'ordine della giustizia e degrada la nostra dignità umana e quella del nostro prossimo. Se ci allontaneremo da questi falsi idoli e seguiremo il Dio che rende libero il suo popolo e resta sempre con lui, allora emergeremo come Mosè, dopo quaranta giorni sulla montagna, risplendenti di gloria".