Roma , sabato, 22. aprile, 2017 10:00 (ACI Stampa).
Mancano alcuni mesi alla 48ma Settimana Sociale dei Cattolici Italiani prevista a Cagliari dal 26 al 29 ottobre prossimo con al centro il tema del lavoro: “Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale”.
Un momento di incontro e di confronto che parte dalla situazione attuale e che cercherà di dare una risposta concreta ad un problema che coinvolge ormai migliaia di persone, in maggioranza giovani. Un “incontro partecipativo” per rinnovare “l’impegno delle comunità cristiane” sul tema lavoro, si legge nella lettera invito del Comitato Organizzatore.
In questi mesi le diocesi italiane si sono confrontate per portare un loro “contributo” all’incontro. Recentemente anche le conferenze episcopali del Sud Italia hanno celebrato a Napoli un convegno sul tema “Chiesa e lavoro: quale futuro per i giovani del Sud?” con la partecipazione dei vescovi del
Mezzogiorno e in vista proprio della Settimana sociale di Cagliari. Un convegno - è l’auspicio - che non sia “come tanti”, ma “tappa di un percorso, già cominciato nei mesi precedenti e destinato a continuare”. Una settimana – si legge nel documento preparatorio - che si colloca in coerenza con lo “spirito delle Settimane e con il ruolo di servizio al Paese che esse possono giocare nella contemporaneità”, e che risponde all’esigenza di “rimettere il lavoro al centro delle nostre preoccupazioni quotidiane a motivo dell’ineliminabile dimensione sociale dell’evangelizzazione”.
Nel periodo pasquale sono stati tanti i vescovi italiani che hanno voluto incontrare il mondo del lavoro: da Nord al Sud. L’arcivescovo di Gorizia mons. Carlo Radaelli ha avuto tre intense giornate nelle fabbriche della diocesi. Visite che si ripetono periodicamente ma che acquistano una particolare importanza per conoscere ambienti di vita e di lavoro, situazioni e storie in modo diretto e partecipato, soprattutto incontrare le persone. E in alcune situazione anche un momento per la celebrazione eucaristica. L’incontro pasquale ha consentito – scrive il settimanale diocesano - anche di condividere insieme la passione per il lavoro “ben fatto e per conoscere altissime qualità e specializzazioni che trovano riferimento in aziende pubbliche o private”. Tra gli incontri anche quello ai cantieri navali di Monfalcone dove lavorano persone provenienti da diverse parti del mondo. Al Porto di Gioia Tauro si è voluto recare, nella settimana che ha proceduto la Pasqua, il vescovo, mons. Francesco Milito per presiedere un momento di preghiera e per una riflessione sul difficile periodo lavorativo in corso. Mons. Milito si è soffermato sul tema della “dignità della persona umana”, sui “problemi del mercato globale”, sulla “mobilità lavorativa” e sul “compromesso con il male nel giudizio finale”. E nell’incontro coi i lavoratori si è soffermato su tre punti: “conoscere effettivamente la verità sulla situazione del porto; la ragione – intesa come bene comune – deve avere la meglio sulle ragioni – intese come interessi personali; da tutte le parti interessate occorre anzitutto tenere conto della dignità della persona umana, in vista del bene del futuro del Porto”. “Mi piange il cuore - ha detto - quando passo accanto al Porto nel vedere non una