Città del Vaticano , sabato, 15. aprile, 2017 21:45 (ACI Stampa).
La notte di Pasqua ci ricorda che Cristo vive, ci chiama all’annuncio, ci sprona a far crollare le barriere del nostro pessimismo, a non rassegnarci – come le donne che vanno al sepolcro – che tutto possa finire così. "Ognuno di noi è entrato nel sepolcro. Vi invito a uscire!". Lo dice Papa Francesco, nell’omelia della Messa della notte di Pasqua.
È la veglia delle veglie, l’annuncio delle Resurrezione, e si benedicono il fuoco e l’acqua nell’atrio della Basilica, prima di entrare ed annunciare l’arrivo di Cristo luce del mondo. È la notte della Resurrezione, la notte in cui si conferma nella fede, ma anche la notte in cui per tradizione si battezza. E saranno battezzati dal Papa 11 catecumeni, il più giovane di 9 anni, la più anziana di 50, provenienti da diverse parti del mondo: addirittura una fedele cinese, una malese, un maltese, tre italiani, due albanesi, una spagnola, una proveniente dalla Repubblica Ceca, che – con il suo 70 per cento di atei dichiarati – è la nazione più scristianizzata d’Europa.
Nell’omelia, Papa Francesco invita a ripercorrere con le donne i passi verso il sepolcro, “il tipico passo di chi va al cimitero” che porta però nel cuore una domanda: “Come può essere che l’amore sia morto?”
Le donne sono lì, capaci di resistere e di “affrontare la vita come si presenta loro”, mentre i discepoli non ci sono. Sono presenti “tra il dolore e l’incapacità di rassegnarsi, di accettare che tutto debba sempre finire così” e nei loro volti – ricorda il Papa – “vediamo riflessi i volti di tutti quelli che, camminando per la città, sentono il dolore della miseria, il dolore per lo sfruttamento e la tratta”, come pure il volti di “coloro che sperimentano il disprezzo perché sono immigrati, orfani di patria, di casa, di famiglia”; di quanti sono soli o abbandonati perché “hanno mani troppo rugose”; delle donne e delle madri “che piangono vedendo che la vita dei loro figli resta sepolta sotto il peso della corruzione che sottrae diritti e infrange tante aspirazioni, sotto l’egoismo quotidiano che crocifigge e seppellisce la speranza di molti, sotto la burocrazia paralizzante e sterile che non permette che le cose cambino”.
Le donne al sepolcro, dunque, come archetipo dell’umanità sofferente, in cui si trova forse “anche il tuo e il mio volto”, dice il Papa. Noi – aggiunge – “che portiamo dentro una promessa e la certezza della fedeltà di Dio”, ma anche le nostre ferite, le infedeltà date e ricevute, i tentativi e le battaglie perse.