“Incontro al Risorto” è il titolo della Lettera Pastorale del Patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia che, sin dall’immagine riportata in copertina, associa subito ad un episodio evangelico molto noto e particolarissimo: la corsa di Pietro e Giovanni al sepolcro vuoto dove era stato posto Gesù Cristo in quella convulsa, agitata e decisiva mattina di Pasqua di duemila anni fa che ha portato con sé la notizia, grande e inattesa, della Risurrezione. Una lettera che di fatto, lancia e annuncia l’imminente (e prima) Visita pastorale del Patriarca alle comunità e al territorio della Diocesi che sarà inaugurata e prenderà il via nel prossimo autunno.
“Pietro e Giovanni - racconta il Patriarca all’inizio della lettera - corrono al sepolcro, sono personalmente coinvolti. Gesù, per loro, è una persona viva, reale, da incontrare, una persona con cui entrare in relazione senza frapporre indugi. Avvertono che se quanto le donne hanno riferito, seppur in modo disorganico, di ritorno dal sepolcro è vero, allora tutto cambierà, non solo per loro e gli altri discepoli ma per l’intera umanità. Sono immagine viva dei discepoli che, in ogni tempo, senza indugio, vanno incontro al Signore vincitore della morte.
Non si attardano, non si lasciano attrarre o distrarre da altro, vanno all’Essenziale, al Signore Gesù. Sono immagine della Chiesa fedele che guarda al Signore risorto”. Il mistero della Pasqua è “Gesù che si infila nel male e capovolge lo specchio: partendo dal male della croce (che è ingiustificato - si uccide il figlio di Dio – e gratuito - ci si è accaniti su Gesù) lo trasforma in qualcosa che è amore ed è assolutamente gratuito ed ingiustificato", dice in una intervista al settimanale della diocesi di “Voce Isontina” l’arcivescovo di Gorizia, mons. Carlo Radaelli che in questo periodo ha visitato diversi luoghi di lavoro. Alle persone incontrate il presule ha regalato l’immagine da lui scelta per gli auguri di Pasqua. Si tratta di un mosaico di padre Marko Ivan Rupnik perché “rappresenta proprio la discesa agli inferi: il braccio trasversale della croce impedisce che questa grande bocca del mostro (la morte, il male) si chiuda e Gesù tende la sua mano per strappare Adamo ed Eva.
Un’immagine che ci ricorda come Gesù abbia scelto di penetrare proprio nella profondità del nostro male per liberarci dal peccato: è la croce che blocca il male e ci offre la possibilità di riprenderci”. In Calabria il vescovo Francesco Milito ha voluto incontrare il personale del Porto di Gioia Tauro in un periodo perticolarmente difficile e di crisi mentre mons. Francesco Savino ha incontrato i sindaci della diocesi e a loro inviato un messaggio.
“Delle ferite abbiamo tutti paura, così come ci investono di timore il Venerdì santo e il silenzio del Sabato. Ma è proprio nelle situazioni di fatica, di sofferenza, di dolore, che ritroviamo maggiormente noi stessi e ci scopriamo capaci di pregare, bisognosi di fraternità, di amicizia, di solidarietà”, scrive il vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla: “le ferite sono condizioni che ci portano all’essenziale della nostra vita; sono luoghi ‘sacri’ che ci permettono di cogliere ciò che è importante”. Per il presule le “nostre ferite invocano Speranza e ci rendono cercatori di Speranza permettendoci così di superare tristezza e mancanza di fiducia. Così è la Risurrezione: un annuncio di speranza che accogliamo nella nostra vita, una parola nuova”.
Pasqua– ricorda l’arcivescovo di Cosenza-Bisignano, mons. Francesco Nolè, “celebra la vittoria di Cristo risorto sulla morte e sul peccato, sulla cattiveria e sulla violenza, sull’odio e sulla malvagità, donando la sua vita, innocente, con amore immenso e misericordioso, per dare all’uomo di tutti i tempi, se unito a Lui, la possibilità della vittoria perenne!”. Mons. Vincenzo Apicella, vescovo di Velletri-Segni rivolgendosi alla diocesi invita a “non avere paura” della “nostra debolezza”, della “nostra incapacità a superare le sfide quotidiane, materiali e spirituali, che siamo chiamati ad affrontare in quanto cristiani”. Ecco perché occorre mettersi in cammino avendo uno sguardo per le persone che incontriamo” mentre l’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro chiede la liberazione del “nostro cielo”, del “nostro mare” e della “nostra terra dall’inquinamento.
Liberaci dalle precarietà del lavoro, dalla disoccupazione, particolarmente quella giovanile, dal caporalato, dall’illegalità e dagli inganni delle droghe diffuse dai mercanti di morte”, scrive. Di giovani parla il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni evidenziando che “ quando non sono precocemente influenzati dal pessimismo degli adulti, siano i più capaci di osare, di fermarsi ad ascoltare le voci e interpretare le lingue, senza paura di diventare cittadini del mondo”. E l’invito a stare accanto ai giovani è arrivato anche dall’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, mons. Giuseppe Fiorini Morosini: “dinanzi ai loro bisogni tutti gli altri impegni passano in secondo ordine, anche il lavoro”.
“L’annuncio della risurrezione di Gesù e della nostra risurrezione finale deve cominciare già ora, nella storia, a piantare dei semi”, è il messaggio di mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena–Nonantola che nel messaggio richiama la tradizione di benedire le uova a Pasqua, tradizione accolta dai cristiani e collegata alla risurrezione di Gesù. Sono solo alcuni messaggi che hanno un solo obiettivo: la Pasqua è Resurrezione con l’impegno di tutti…
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