Città del Vaticano , martedì, 4. aprile, 2017 17:00 (ACI Stampa).
È con un decreto del Ministero dell’Economia dello scorso 23 marzo che la Santa Sede entra nella lunga lista di Paesi che l’Italia considera inclusa nella “white list” degli investimenti. Si tratta di un elenco di 137 Paesi.
La Convenzione fiscale tra Italia e Santa Sede è entrata in vigore dal 15 ottobre 2016, dopo che la convenzione era stata firmata il 1 aprile. La Convenzione “promuove lo scambio di informazioni ai fini fiscali tra la Santa Sede e l’Italia e agevola l’adempimento agli obblighi fiscali dei soggetti regolarmente residenti in Italia”.
La cosiddetta “white list” degli investimenti è una lista stilata dal ministero dell’Economia che vale a fini fiscali, di cui gli Stati – anche Montecarlo è stato incluso nella lista – entrano a far parte della lista sull’onda lunga degli accordi contro la doppia imposizione e sullo scambio di informazioni.
È lecito chiedersi, dopo questo passo, se l’Italia riconoscerà anche l’equivalenza con la Santa Sede ai fini dello scambio di informazioni anti-riciclaggio.
Tecnicamente, l'ingresso nella white list fiscale è un prerequisito per l'equivalenza. Questa si baserà sulla conformità alla quarta direttiva europea antiriclaggio, approvata in Europa nel giugno 2015. L'Italia l'ha introdotta con un decreto attuativo nel febbraio 2017. Da notare che con il decreto l'Italia ha istituito un nuovo soggetto, ossia il Comitato di sicurezza finanziaria presso il Ministero dell’Economia e delle finanze, organismo responsabile dell’analisi nazionale del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo. La Santa Sede ha un Comitato di Sicurezza Finanziaria da agosto 2013, quando Papa Francesco promulgò un motu proprio sulla prevenzione del riciclaggio che entrò in vigore con un decreto del governatorato e fu poi confermato in legge l'8 ottobre 2013. La legge era la numero XVIII dello Stato di Città del Vaticano.