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Santa Sede all'ONU: l'agenda post 2015 sia espressione di tutti

Assemblea Generale ONU | Assemblea Generale delle Nazioni Unite | da flickr Assemblea Generale ONU | Assemblea Generale delle Nazioni Unite | da flickr

Due le richieste della Santa Sede alle Nazioni Unite per la revisione degli Obiettivi di Sviluppo post-2015. Che la revisione sia guidata dai governi nazionali, e avvenga su base volontaria, tenendo in considerazioni le peculiari situazioni nazionali. E che le capacità di sviluppo di ciascuna nazione siano tenute in conto. L’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York, in un breve discorso mette in luce le criticità della negoziazione sui prossimi obiettivi di sviluppo.

Il discorso dell’arcivescovo Auza ha luogo il 19 maggio, nell’ambito di un panel su “Follow up e Revisione dell’Agenda dello Sviluppo Post 2015”. Da sempre, la Santa Sede si batte perché le Nazioni Unite abbiano una politica inclusiva di tutte le nazioni e rappresentanze. Sono stati individuati delle criticità sugli obiettivi di sviluppo, che non si manca di far notare. Ovvero, che il modello di sviluppo non può essere uno solo, medesimo e omologante, per tutte le nazioni. E che le nazioni stesse dovrebbero essere protagoniste del processo di revisione.

“Nell’agenda post 2015, ognuno di noi, ha non solo una preminente, ma una responsabilità condivisa di andare oltre le promesse verso risultati verificabili e reali. Il meccanismo non è importante, non dobbiamo dimenticarci che sono i poveri, e quelli che vivono in una situazione vulnerabile, che devono sempre avere una priorità nelle nostre discussioni,” afferma l’Arcivescovo Auza.

Che poi spiega in dettaglio i punti promossi dalla Santa Sede. Prima di tutto, il fatto che un meccanismo di seguito e sviluppo dell’agenda post 2015 “sarà di successo solo se guidato dai governi e volontario. Perciò, deve essere strutturato in un modo che le nazioni, vedendolo come un esercizio benefico e valevole, sono incoraggiate a parteciparvi.” Allo stesso modo, i governi avranno più voglia di partecipare alla stesura degli obiettivi se il meccanismo di revisione “terrà in conto le priorità nazionali di sviluppo,” perché lo spirito deve essere “costruttivo più che di giudizio.” Il modello, spiega l’osservatore permanente, è quello che di un meccanismo che metta insieme anche esperienze e buone pratiche per “aiutare tutti ad alleviare le proprie difficoltà.” 

Il secondo punto toccato dall’arcivescovo è che la revisione deve tenere in “considerazione anche le capacità nazionali e il variare dei livelli di sviluppo.” Ovvio, non deve essere un modello che limiti le capacità delle nazioni in vie di sviluppo, ma queste ultime devono comunque ricevere il supporto delle nazioni sviluppate. “Il prossimo anno, la comunità globale non dovrà essere nella situazione in cui una nazione vorrà partecipare al processo di revisione, ma senza le possibilità di farlo, specialmente perché sono queste le nazioni che hanno maggiore necessità” di essere supportate nel progresso del loro sviluppo.

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