Città del Vaticano , martedì, 28. marzo, 2017 9:00 (ACI Stampa).
La secolarizzazione crescente. La mancanza di vocazioni. L’evangelizzazione delle popolazioni indigene. Anche la legalizzazione dell’eutanasia, tema cruciale. Sono questi i temi di cui hanno discusso con Papa Francesco i vescovi di Canada Ovest in visita ad limina. E il Papa ha offerto loro, tra le altre cose, una sua personale lettura della crocifissione di Pietro. Lo racconta ad ACI Stampa l’arcivescovo John Michael Miller, basiliano con un passato in Segreteria di Stato e in Congregazione dell’Educazione Cattolica, che oggi guida l’arcidiocesi di Vancouver.
Dice l’arcivescovo Miller: “Papa Francesco ci ha accolti sulla porta, uno per uno. Le sedie erano disposte ovalmente, e, mentre noi ci disponevamo, lui continuava a salutare. Poi si è seduto in una sedia al centro. Dopo che gli è stata esposta la situazione della nostra regione, il Papa ha cominciato a parlare. E l’incontro è durato due ore e mezza”.
Tutti i vescovi si sono espressi in inglese, e Papa Francesco in italiano, con l’aiuto di un interprete. “I problemi che abbiamo esposto – dice Miller – sono un po’ tutti quelli che si vivono in Canada e nei Paesi occidentali. Il calo delle vocazioni, e in particolare delle vocazioni religiose. Ma anche la situazione dei popoli indigeni, che vivono in territori del Nord Ovest, spesso molto poveri”.
Di certo, la situazione nel Canada Ovest è diversa da quella che si è vissuta in Quebec, dove la secolarizzazione crescente ha assunto i contorni aggressivi della revolution tranquille. “Lì – spiega l’arcivescovo Miller – si aveva prima una Chiesa in situazione di forza, che poi è stata erosa ed attaccata. Nella nostra zona, la Chiesa non ha mai avuto questo peso. La maggioranza erano anglicani, protestanti. Ma nell’ultimo censimento 40 persone su cento hanno dichiarato di non appartenere a nessuna confessione religiosa. I cattolici sono il 16 per cento, e sono la più grande denominazione cristiana”.
Quella canadese è dunque una fede che si mantiene con gli immigrati, e in particolari con i coreani ed i cinesi. Ma in fondo – dice l’arcivescovo di Vancouver – tutto il Canada è immigrazione, non si può parlare di immigrati, ma semmai di nuovi canadesi.