Milano , venerdì, 24. marzo, 2017 9:00 (ACI Stampa).
C’è la Milano con il cuore in mano, la Milano dello straordinario e organizzatissimo lavoro della Caritas Ambrosiana e delle parrocchie. Ma c’è anche una Milano dalla grande attività culturale, sviluppatasi grandemente sotto il Cardinale Carlo Maria Martini e che oggi lavora sull’impianto culturale attraverso i “Dialoghi di Vita Buona”. È anche questa Milano che Papa Francesco andrà a visitare, e che resterà sempre sullo sfondo della sua visita.
Anzi – afferma monsignor Luca Bressan, vicario per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale – “la cultura è il prodotto di questa visita. Papa Francesco fa un bel lavoro di cucitura, prende mondi diversi – le Case Bianche, l’incontro con i sacerdoti, con il popolo, con i cresimandi, con i carati – e li cuce insieme, mostrando che solo dall’incontro, dallo scambio e dal reciproco riconoscimento si crea un tessuto sociale”.
Massimo Cacciari, filosofo, che partecipò anche alla Cattedra dei Non Credenti, è tra i protagonisti di questi dialoghi. Voluti dal Cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, con lo scopo di contribuire a costruire la vita buona nella nostra società locale, i dialoghi includono nel Comitato Scientifico non credenti e credenti, esponenti di altre religioni, professori universitari e imprenditori, perché “ci mancherebbe che gli imprenditori non fossero interessati alla cultura, in un contesto come quello attuale in cui tutto è legato all’innovazione”.
“Il dialogo tra esperienze – racconta Cacciari ad ACI Stampa – è una cosa molto positiva. Abbiamo discusso dei temi più disparati, dalle ultime frontiere etiche al rapporto tra vita naturale e artificiale, sia dal punto di vista medico che dal punto di vista filosofico”.
Ma come è cambiata Milano dai tempi della Cattedra per Non Credenti agli attuali dialoghi di Vita Buona? Risponde Monsignor Bressan: “Si potrebbe dire che la Cattedra dei non Credenti ha visto delle singole personalità molto influenti confrontarsi tra di loro e generare domande. I dialoghi di vita buona si pongono un problema a fronte di una città che ha un tessuto sociale molto più frammentatato di quanto si vede in superficie. È per questo importante creare tavoli in cui ci si riconosce gli uni gli altri. C’è bisogno di rileggittimarsi conoscendosi”.