Città del Vaticano , mercoledì, 15. marzo, 2017 10:45 (ACI Stampa).
“Siamo chiamati all’amore, alla carità: questa è la nostra vocazione più alta, la nostra vocazione per eccellenza”. Papa Francesco apre così l’Udienza Generale in Piazza San Pietro, dopo lo stop per gli esercizi spirituali. L’amore e la carità, gioia della speranza cristiana. Ma “c’è il rischio che la nostra carità sia ipocrita, che il nostro amore sia ipocrita”. E il Papa oggi ci mette in guardia da tutto questo.
Come possiamo essere sicuri che il nostro amore sia sincero, che la nostra carità sia autentica? La risposta di Francesco nel suo discorso è secca e parte dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Romani: “L’ipocrisia può insinuarsi ovunque, anche nel nostro modo di amare. Questo si verifica quando il nostro è un amore interessato, mosso da interessi personali; quanti amori interessati ci sono, quando i servizi caritativi in cui sembra che ci prodighiamo sono compiuti per mettere in mostra noi stessi o per sentirci appagati; o ancora quando miriamo a cose che abbiano “visibilità” per fare sfoggio della nostra intelligenza o delle nostre capacità”.
La carità, per Francesco invece, è solo una grazia. “Poter amare è dono di Dio e dobbiamo chiederlo”, aggiunge a braccio il Papa. E soprattutto “non si può esprimere nell’incontro con gli altri se prima non è generata dall’incontro con il volto mite e misericordioso di Gesù”. Il Pontefice riprende San Paolo: anche il nostro modo di amare è “segnato dal peccato”. Ma c’è una possibilità.
Questa possibilità è il Signore Risorto. “È Lui che ci permette – spiega il Papa - pur nella nostra piccolezza e povertà, di sperimentare la compassione del Padre e di celebrare le meraviglie del suo amore. E si capisce allora che tutto quello che possiamo vivere e fare per i fratelli non è altro che la risposta a quello che Dio ha fatto e continua a fare per noi”.
“L’Apostolo Paolo allora – dice infine Papa Francesco - non vuole tanto rimproverarci, quanto piuttosto incoraggiarci e ravvivare in noi la speranza. Abbiamo bisogno che il Signore rinnovi continuamente questo dono nel nostro cuore, attraverso l’esperienza della sua infinita misericordia. E allora sì che torneremo ad apprezzare le cose piccole, semplici, ordinarie; e saremo capaci di amare gli altri come li ama Dio, volendo il loro bene, cioè che siano santi, amici di Dio”.