Carpi , domenica, 5. marzo, 2017 10:00 (ACI Stampa).
Interrompiamo il ciclo liturgico del Tempo Ordinario per iniziare un periodo privilegiato dell’Anno liturgico: il cammino quaresimale.
Il tempo di Quaresima ha una durata temporale di 40 giorni ed ha lo scopo di aiutarci a riscoprire il dono del sacramento del Battesimo - e quindi il significato della nostra chiamata alla fede - e di prepararci a vivere il mistero centrale della nostra fede: la passione-morte e resurrezione di Cristo attraverso un cammino fatto di preghiera, carità e penitenza.
La prima domenica di Quaresima si apre con il racconto delle tentazioni a cui il diavolo sottopone Gesù nel deserto. Il Vangelo ci racconta che Gesù si è preparato al suo ministero pubblico con un “corso di esercizi spirituali” della durata di quaranta giorni, vissuti nella solitudine del deserto. L’evangelista Matteo sottolinea che Gesù fu condotto nel deserto dallo Spirito. La prova, la tentazione, dunque, rientra nel progetto di Dio sul suo Figlio e questa esperienza a cui Cristo viene sottoposto ci porta a riconoscere che essere cristiani non dispensa né dalla prova nè dalla tentazione.
La prima tentazione a cui Gesù è stato sottoposto dal diavolo è stata quella della fame. Si tratta di una tentazione che tocca il nostro corpo, il nostro benessere fisico e quindi è intimamente legata alla sofferenza. La sofferenza nostra, il dolore innocente, la fame di grande parte dell’umanità intaccano la virtù della speranza, costituiscono un grande obiezione contro Dio e fanno emergere nel cuore dell’uomo la pretesa dell’intervento diretto del Signore per risolvere tutti i nostri problemi. Se Dio c’è perché non fa nulla contro l’ingiustizia, la violenza, la malvagità? E’ forse impotente? E’ quanto suggerisce Satana a Gesù.
La seconda tentazione è la tentazione contro la fede che si manifesta nel pensare che il cielo è vuoto perché Dio non è evidente quando noi invece vorremmo che si rendesse presente in maniera eclatante nella nostra preghiera, nelle nostre celebrazioni liturgiche, che rispondesse a quello che gli chiediamo quasi da mettere le mani su di Lui e piegarlo al nostro servizio. E’ la tentazione di strumentalizzare Dio per se stessi, di utilizzarlo a proprio vantaggio, di ridurlo alle nostre dimensioni umane.