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Papa Francesco e il “paradosso di Pietro”

Papa Francesco e il clero di Roma | Papa Francesco incontra il clero di Roma, San Giovanni in Laterano, 2 marzo 2017 | L'Osservatore Romano / ACI Group
Papa Francesco e il clero di Roma | Papa Francesco incontra il clero di Roma, San Giovanni in Laterano, 2 marzo 2017 | L'Osservatore Romano / ACI Group
Papa Francesco e il clero di Roma | Papa Francesco confessa prima delle meditazione con il clero di Roma | L'Osservatore Romano / ACI Group
Papa Francesco e il clero di Roma | Papa Francesco confessa prima delle meditazione con il clero di Roma | L'Osservatore Romano / ACI Group

Di fronte al clero di Roma radunato per l’incontro di inizio Quaresima a san Giovanni in Laterano, Papa Francesco parla del paradosso di Pietro. Il paradosso per cui “colui che deve confermarci nella fede è lo stesso al quale il Signore rimprovera la sua poca fede”, mentre “invoca come esempi di grande fede altre persone”. Con una consapevolezza: che tutto è radicato nella memoria, perché il nostro Dio “non è il Dio dell’ultimo momento, un Dio senza storia di famiglia, un Dio che per rispondere ad ogni nuovo paradigma dovrebbe scartare come vecchi e ridicoli i precedenti.”

Inizio della Quaresima, il tema è la fede. Il discorso è scritto, ed è lungo. Ma quando arriva, il Papa si mette subito a confessare i sacerdoti, e comincia cinquanta minuti più tardi.

È stata preparata una lunga meditazione scritta. Il Papa non legge tutto. Lo dice subito. Il testo è – spiega – “una riflessione nel progresso della fede e delle vita del sacerdote”. Perché “noi come sacerdoti abbiamo fede, ma questa fede deve progredire, deve andare avanti, deve crescere, perché se la fede non cresce rimane immatura e ci sono vite umane e vite sacerdotali a metà strada perché la fede non è cresciuta, non è andata oltre”. Chiosa Papa Francesco: “Se noi sacerdoti se non abbiamo una fede matura, capace di generare fede negli altri, per la paternità, potremmo fare male, e tanto male. Ma se la fede cresce, si fa tanto bene! Tanto bene!” 

Il testo che legge il Papa è una meditazione di stile ignaziano, che riprende i temi e li sviluppa in maniera concentrica, tutta imperniata su tre punti fermi: la memoria, la speranza e il discernimento del momento. In sintesi, la promessa, il cammino, la scelta delle strade.

“Fare memoria delle grazie passate – dice il Papa – conferisce alla nostra fede la solidità dell’incarnazione”, mentre “la speranza è quella che apre la fede alle sorprese di Dio, e il discernimento è “ciò che concretizza la fede”.

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Il tema sotteso è quello del crescere, che Papa Francesco affronta nella Evangelii Gaudium, da lui definito un “documento programmatico”. La crescita nella fede “avviene attraverso gli incontri con il Signore nel corso della vita”, che fanno esperienza di una “incompiuta pienezza”, in una maturazione costante che è parte del percorso “del discepolo e del missionario”.

Papa Francesco utilizza l’immagine del giocatore di basket che “inchioda il piede come ‘perno’ a terra e compie movimento per proteggere la palla”, una similitudine che gli serve a spiegare come “il piede inchiodato intorno al quale facciamo perno è la croce di Cristo”. La crescita si fonda sempre sulla Croce, dice il Papa.

E ritorna il tema della memoria, perché la fede “si alimenta e nutre” della “memoria del’Alleanza che il Signore ha fatto con noi”, perché Dio “non è il Dio dell’ultimo momento, un Dio senza storia di famiglia, un Dio che per rispondere ad ogni nuovo paradigma dovrebbe scartare come vecchi e ridicoli i precedenti.”

Per Papa Francesco, progredire nella fede è “un esercizio di ritornare con la memoria alle grazie fondamentali”, una sorta di “progresso all’indietro” che porta a cercare “nuovamente tesori ed esperienze che erano dimenticati e che molte volte contengono le chiavi per comprendere il presente”.

“Ricordo che una volta – aggiunge il Papa a braccio - facendo la meditazione della morte e del giudizio finale è venuto alla memoria uno scritto che mia nonna aveva sul comodino. “Stai attento che ti guarda Dio, che ti sta guardando” E in quel momento la preghiera è andata avanti, sono state le radici ad aprirmi la porta della strada. Il cristiano progredisce sempre dalle radici, non dimentica”.

La vera rivoluzione per Papa Francesco è “andare alle radici”, perché “quanto più lucida è la memoria del passato, tanto più chiaro si apre il futuro, perché si può vedere la strada realmente nuova e distinguerla dalle strade già percorse che non hanno portato da nessuna parte”.

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Il centro di tutto, sottolinea il Papa, è l’Eucarestia, “memoriale della fede” cui tornare per progredire.

Secondo il Papa, c’è un primo “discernimento, grande e fondante, cioè quello che non si lascia ingannare dalla forza del male, ma che sa vedere la vittoria della Croce di Cristo in ogni situazione umana”. Ricorda che ci vuole “speranza”, mette in luce le sue espressioni “non lasciamoci rubare” che “vengono dalle regole del discernimento di Sant’Ignazio, che è solito rappresentare il demonio come un ladro”.

Dopo il primo discernimento, il secondo, il passo avanti nel tempo presente per comprendere come “concretizzare l’amore nel bene possibile”. Il discernimento del momento, per Papa Francesco, aiuta il progresso della fede, E si deve fare, mentre è “pericoloso” pensare che dove c’è fede “non dovrebbe esserci bisogno del discernimento”. Invece, prima ci vuole la formulazione concettuale (“un momento necessario del pensiero”) e poi andare avanti perché “il proprio della fede è essere ‘operante, attiva’ e così per la carità”.

È qui che il Papa parla del paradosso di Pietro, ricorda quando Gesù vede la poca fede nei discepoli, e sottolinea che la fede di Simon Pietro “ha un carattere speciale: è una fede provata, e con essa egli ha la missione di confermare e consolidare la fede dei suoi fratelli, la nostra fede”. Sottolinea il fede che “la fede di Simone è minore di quella di tanti piccoli del popolo fedele di Dio”, e persino di “alcuni pagani”, ed è più “lenta di quella di Maria Maddalena e di Giovanni”.

Il Papa distingue tre tipi di pensieri che ha Simon Pietro: quando ha il desiderio di camminare sulle acque, e affonda perché smette di guardare al Signore, e il Signore lo salva, così che Pietro “discernerà sempre la mano che lo salva”, perché avrà “l’umiltà di lasciarsi aiutare”; quindi la preghiera di Gesù nella veglia perché Simone “non cada in tentazione”, e la tentazione è quella di sentire che “Gesù ci ha abbandonato”, è l’eclisse della fede di fronte allo scandalo della passione; e infine l’incontro sul lago di Tiberiade, con la più grande tentazione del demonio che è quella di non far credere a Pietro di essere degno dell’amicizia di Gesù, perché lo ha tradito.

“Gesù sconfigge il demonio pregando – dice il Papa – e l’atto di fede che dobbiamo fare è ricordare che Gesù prega per me”.

Osserva il Papa: “La tentazione sempre è presente nella vita di Simon Pietro, e la tentazione sempre è presente nella nostra. Il Padre Nostro ci dà la grazia di non cadere”.

 Così, Papa Francesco chiede ai sacerdoti di essere in grado di inserire le proprie tentazioni e peccati nell’ambito della preghiera di Gesù “perché non venga meno la nostra fede, ma maturi e serva a rafforzare a sua volta la fede di coloro che ci sono stati affidati”, in quanto “un sacerdote o un vescovo che non si sente peccatore, che non si confessa, si chiude in sé, non progredisce nella fede. Ma bisogna stare attenti a che la confessione e il discernimento delle proprie tentazioni includano e tengano conto di questa intenzione pastorale che il Signore vuole dare loro”.

Osserva il Papa: “Non serve dividere: non vale sentirci perfetti quando svolgiamo il ministero e, quando pecchiamo, giustificarci per il fatto che siamo come tutti gli altri. Bisogna unire le cose: se rafforziamo la fede degli altri, lo facciamo come peccatori. E quando pecchiamo, ci confessiamo per quel che siamo, sacerdoti, sottolineando che abbiamo una responsabilità verso le persone, non siamo come tutti”.

Sono due cose che “si uniscono bene se mettiamo davanti la gente, le nostre pecore, i più poveri specialmente. È quello che fa Gesù quando chiede a Simon Pietro se lo ama, ma non gli dice nulla né del dolore né della gioia che questo amore gli provoca, lo fa guardare ai suoi fratelli in questo modo: pasci le mie pecore, conferma la fede dei tuoi fratelli”.

Ed ecco allora che il “paradosso di Pietro” diventa un modello per tutti i sacerdoti. Nota il Papa: “Dicevano i nostri anziani che la fede cresce facendo atti di fede. Simon Pietro è l’icona dell’uomo a cui il Signore Gesù fa fare in ogni momento atti di fede. Quando Simon Pietro capisce questo “dinamica” del Signore, questa sua pedagogia, non perde occasione per discernere, in ogni momento, quale atto di fede può fare nel suo Signore. E in questo non si sbaglia”.

Ci sono “Tanti momenti così diversi nella sua vita eppure un’unica lezione: quella del Signore che conferma la sua fede perché lui confermi quella del suo popolo. Chiediamo anche noi a Pietro di confermarci nella fede, perché noi possiamo confermare quella dei nostri fratelli”.

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Il papa regala poi come anticipo della Pasqua un libro-intervista a un sacerdote cappuccino di Buenos Aires, che “ha 90 anni”, è cercato da tutti, e si legge bene, e “forse ci aiuterà a crescere nella fede”. Il libro si chiama “Non aver paura di perdonare”, e il confessore è Dri Luis.