Carpi , domenica, 26. febbraio, 2017 10:00 (ACI Stampa).
C’è un’espressione che scandisce il brano di vangelo che abbiamo appena ascoltato: “Non preoccupatevi”, cioè non lasciatevi prendere dall’angoscia, dall’ansia, dall’inquietudine. L’ansia, infatti, è l’atteggiamento di chi non crede, mentre il discepolo di Gesù si riconosce perché è libero dall’angoscia del domani.
La serenità del cristiano non è il frutto di autosuggestione e neppure di stoicismo, ma nasce dalla relazione filiale che Dio, in Cristo Gesù, instaura con l’uomo. Il nostro essere realmente figli di Dio ci impedisce, da una parte, di cadere nella tentazione dell’affanno, che è la conseguenza di ritenere che tutto dipende da noi e, dall’altra, ci aiuta a scoprire che tutti gli eventi della vita sono diretti, o permessi per il nostro bene, dalla volontà di Dio.
Dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che è difficile sapere ciò che è veramente bene per noi. Eppure nonostante questa difficoltà noi abbiamo la capacità di complicarci con la nostra presunzione. Ci costruiamo un programma per la nostra felicità e abbiamo la pretesa, poi, che Dio debba aiutarci a realizzarlo. In realtà è vero l’opposto! E’ Dio che ha il suo programma per la nostra felicità e Lui ci chiede di accoglierlo e di impegnarci seriamente per attuarlo. Nessuno di noi può pensare di avere un progetto di vita migliore di quello di Dio (cfr. Boylan, Questo tremendo amore).
La pratica certezza di questa verità ha come conseguenza un abbandono sereno alla Provvidenza di Dio, anche quando dobbiamo confrontarci con accadimenti che non comprendiamo e che sono causa di dolore e di preoccupazione. Tuttavia, nulla d’irreparabile potrà capitarci se troviamo riparo nella consapevolezza della nostra filiazione divina: “Ora se Dio veste così l’erba del campo che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi?”.
San Paolo traduce questo insegnamento di Gesù in un’affermazione scultorea: “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”. San Bernardo così commenta l’espressione dell’Apostolo: “Bada bene che l’Apostolo non dice che le cose servono a nostro capriccio, ma che cooperano al bene. Non al capriccio, ma all’utilità; non al piacere ma alla salvezza; non ai nostri desideri, ma al nostro profitto. In tal senso le cose cooperano sempre al nostro bene, compreso la stessa morte, compreso il peccato” (Sulla fallacia e brevità della vita, 6). Colui che ama Dio sa che, succeda quel che succeda, tutto sarà per il bene, se non smette di amare.