Città del Vaticano , giovedì, 23. febbraio, 2017 10:00 (ACI Stampa).
“Lo scenario mondiale è caratterizzato da chiusure e ingiustizie, che generano migrazioni, all’interno degli Stati o all’estero”. Il Cardinale Segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, lo ha ripetuto nel suo intervento che ha in pratica concluso la due giorni di lavori della VI edizione del Forum Internazionale su Migrazioni e Pace, sul tema “Integrazione e sviluppo: dalla reazione all’azione”.
Il cardinale, riprendendo le parole di Papa Francesco quando ha ricevuto i partecipanti al Forum, ha ricordato anche come quella delle migrazioni sia “una apprensione presa a pretesto per scopi elettorali e di calcoli di vario genere, caratterizzati da manipolazioni di notizie e da un nuovo totalitarismo ideologico che concepisce l’uomo solo come agente economico e che, come tale, lo può scartare, se non serve e, come ha sottolineato Papa Francesco, tende anche a nasconderlo”.
Il Cardinale Parolin ricorda che “bisogna anche puntare a cambiare le regole del gioco del sistema economico-sociale” e quindi si deve “partire da nuovi presupposti”, cioè da una “economia inclusiva” che “nasca da una cultura che inglobi l’equità sociale, economica e ambientale, che sappia far fronte alle attuali sfide sociali e tecnologiche. Una cultura della condivisione che presuppone la reciprocità, intesa non come sfida e non tanto nel senso di una stretta corrispondenza di diritti e di doveri, quanto come coinvolgimento partecipe e solidale di tutti i soggetti interessati, in cui tutti possono e devono offrire il proprio contributo, inclusi i migranti, i Paesi di provenienza e di transito e di approdo, la società civile”.
Una economia della condivisione, o si potrebbe dire del dono, come scriveva Papa Benedetto XVI nella Caritas in Veritate.
Occorre creare, ha detto il capo della diplomazia vaticana, "una cultura che, al di là delle differenze ideologiche, può farsi strada se offerta con umiltà e rispetto, condividendo la propria esperienza con fiducia nella fraternità umana e nella solidarietà – che per noi cristiani significa carità – come unica risposta ragionevole, nell’evidente inadeguatezza di altri approcci".