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La scelta di Perego, il Papa e i migranti

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Il Direttore Generale della Fondazione Migrantes, mons. Giancarlo Perego, è stato chiamato oggi da Papa Francesco a guidare la diocesi di Ferrara-Comacchio. “Saluto e abbraccio la Chiesa di Ferrara-Comacchio, di cui la Provvidenza, attraverso la nomina di Papa Francesco, ha voluto che io fossi  da oggi pastore e guida”, ha scritto nel suo primo saluto alla diocesi emiliano-romagnola ricordando come negli ultimi secoli, la Chiesa di Ferrara-Comacchio abbia avuto pastori originari della sua diocesi di origine e cioè quella di Cremona.

Non dimentica nessuno il neo arcivescovo: ricorda infatti l’arcivescovo emerito Rabitti ma anche Caritas Italiana e Fondazione Migrantes: i due organismi pastorali della Cei dove ha lavorato negli ultimi anni. “Sono sicuro che Mons. Gian Carlo Perego porterà avanti il suo nuovo impegno  con disponibilità, senso di responsabilità, lungimiranza nell’interpretare e rispondere alle reali situazioni del momento”, ha detto questa mattina nella sede della Migrantes il presidente della Commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, mons. Guerino Di Tora, annunciando la nomina davanti al personale della Fondazione commossi.

Nella scelta del Pontefice la Migrante legge, ancora una volta l’attenzione “particolare verso il mondo migrante e della mobilità umana” e ricorda come mons. Perego, attraverso molteplici incontri nelle varie diocesi italiane e Missioni cattoliche italiane all’estero, ha sottolineato “la centralità della persona a partire dal mondo migrante in tutte le sue dimensioni: immigrati, rifugiati, richiedenti asilo, rom, sinti e camminanti, circensi, lunaparkisti, gente dello spettacolo viaggiante e italiani residenti all’estero.

Per il vescovo di Cremona, mons. Napolioni, che ne ha dato l’annuncio alla presenza dello stesso mons. Perego, la nomina non rappresenta uno ‘scatto di carriera”, pur “riconoscendo lo spirito di fede e di carità, le capacità umane e le competenze acquisite da don Giancarlo nei molteplici servizi svolti in quasi 33 anni di sacerdozio”, ma si  “si tratta di un evento dello Spirito, che avrà compimento sacramentale nel Rito di ordinazione, e sviluppo esistenziale nella gioia e nella fatica di ogni giorno.

Il Signore ha preparato don Giancarlo al compito apostolico e pastorale - che non si finisce mai di scoprire con stupore ed umiltà - attraverso l’educazione umana e cristiana ricevuta ad Agnadello, in famiglia e in parrocchia; attraverso il percorso vocazionale e di studio che gli ha fatto incontrare validi maestri a Cremona e a Roma, dove si è laureato in teologia nel 1996; nelle esperienze di vicario parrocchiale al Cambonino, nella segreteria dei vescovi Assi e Nicolini, quale insegnante e assistente di importanti aggregazioni ecclesiali. Fino alla più decisiva immersione nel mondo delle povertà, come Direttore della Caritas Cremonese, vicedirettore della Caritas italiana e dal 2009 ad oggi come Direttore della Fondazione Migrantes.

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In questa veste spesso, ha detto il presule,  è stato associato dai media, e “più ancora da quanti attualizzano ogni giorno il ‘vangelo dell’accoglienza’ sulle tante frontiere, non solo geografiche, del nostro Paese”. Don Giancarlo è “sempre intervenuto con coraggio e misura, senso ecclesiale e realismo, correndo da una parte all’altra dell’Italia, come portavoce delle esigenze di giustizia e carità, cui Papa Francesco ci educa con passione instancabile”.

“Sono stati anni certamente difficili per i migranti questi, al tempo stesso, però, sono stati anni in cui il Magistero, prima di Papa Benedetto e poi di Papa Francesco, ci hanno regalato – ha detto il neo Arcivescovo in una intervista alla Radio Vaticana -  una strada da percorrere che è quella del rispetto e della tutela della dignità di ogni persona, soprattutto di chi è costretto a lasciare la propria terra a causa della guerra, a causa di disastri ambientali, persecuzione politica e religiosa. E questa strada è segnata, è necessaria, perché è la strada che incarna il Vangelo oggi”. Nella “Caritas in veritate”, Papa Benedetto XVI, e Papa Francesco nella “Evangelii Gaudium”, hanno “richiamato fortemente a questa centralità della dignità del povero e del migrante, e non solo come singola persona, ma come popolo. E, quindi, credo che sia importante che questa attenzione sia presente in ogni Chiesa, con le caratteristiche diverse, come lo è, con le testimonianze che ho incontrato in questi anni prima come responsabile dell’area nazionale di Caritas italiana e poi come direttore di “Migrantes”, nelle tante Chiese italiane, nelle nostre parrocchie, dove oggi anche il segno di oltre 30 mila persone ospitate è un segno di una Chiesa aperta e che concretamente, realisticamente, dà dei segnali importanti al mondo, allo Stato, alla società, all’Europa”.