Non c’è solo il problema dell’ignoranza della norma, per il presidente del Pontificio Consiglio dei Testi Legislativi, ma anche nella difficoltà della comprensione della norma, e delle condizioni concrete che “non permettono di agire diversamente”. E quest’ultima motivazione è cruciale per il Cardinale.
Il Cardinale fa poi un esempio che già aveva fatto al Sinodo dei vescovi, parlando di “una donna che è andata a convivere con un uomo sposato canonicamente e abbandonato dalla moglie con tre bambini ancora piccoli”.
“Questa donna – aggiunge il cardinale - ha salvato l’uomo da uno stato di profonda prostrazione, probabilmente dalla tentazione di suicidio; ha allevato i tre bambini non senza notevoli sacrifici; la loro unione dura ormai da dieci anni; è nato un nuovo figlio. La donna della quale parliamo ha piena coscienza di essere in una situazione irregolare. Vorrebbe sinceramente cambiare vita. Ma, evidentemente, non lo può”.
Perché “se, infatti, lasciasse la unione, l’uomo tornerebbe nella condizione di prima, i figli resterebbero senza mamma. Lasciare l’unione significherebbe, dunque, non adempiere gravi doveri verso persone di per sé innocenti. È perciò evidente che non potrebbe avvenire ‘senza una nuova colpa’”.
Il Cardinale parla anche della possibile seconda unione da vivere “come fratello e sorella” che “qualora l’impegno si riveli possibile senza difficoltà per il rapporto di coppia”, allora i due conviventi lo accettino volentieri”, ma se invece l’impegno determina difficoltà, i due conviventi non sembrano di per sé obbligati”.
Ammettendo alla comunione quanti sono “in una unione non legittima”, ma “desiderano cambiare tale situazione, però non possono attuare il desiderio”, resta l’ostacolo dello scandalo, che sarebbe da evitare “istruendo i fedeli”. E poi, il Cardinale sottolinea che in questo caso “la dottrina è rispettata, perché i fedeli nella situazione ipotizzata si trovano in unioni non legittime, anzi, più precisamente, possiamo senz’altro affermare che tale condizione è oggettivamente di peccato grave. La dottrina del sincero pentimento che contiene il proposito di cambiare la propria condizione di vita come necessario requisito per essere ammessi al sacramento della penitenza è nel caso rispettata, perché i fedeli nelle situazioni ipotizzate, da una parte, hanno coscienza, hanno convinzione, della situazione di peccato oggettivo nella quale attualmente si trovano e, dall’altra, hanno il proposito di cambiare la loro condizione di vita, anche se, in questo momento, non sono in grado di attuare il loro proposito”.
Mentre di certo non può essere ammesso ai sacramenti chi “sapendo di essere in peccato grave e potendo cambiare, non avesse più alcuna sincera intenzione di attuare tale proposito”.
Il testo, va da sé, è un punto di vista di un insigne cardinale con una particolare abilita nel diritto. Presentando il volume, il direttore della LEV, don Giuseppe Costa, ci ha tenuto a sottolineare che si tratta di “una iniziativa del Cardinale”, e che dunque non è da intendersi come una risposta ad altri porporati, bensì come un intervento all’interno di un dibattito.
Se è concessa una nota critica, il testo è sviluppato come un preciso trattato giuridico, in cui la terminologia e la casistica giuridica sono predominanti. Parlando dei casi concreti, il Cardinale Coccopalmerio sottolinea, ad esempio, “che un giudizio negativo su una situazione oggettiva non implica un giudizio sull’imputabilità o la colpevolezza della persona coinvolta”. In alcuni casi si parla della “forma giuridica della dispensa, mentre ogni testo è analizzato e sezionato come si farebbe per un trattato di diritto.
Ma è davvero questo l’approccio richiesto dall’Amoris Laetitia? È una domanda da porsi, mentre i vescovi spiegano l’esortazione con le loro lettere pastorali, e alcune conferenze episcopali stilano linee guida più ampie. Se l’impegno richiesto dall’esortazione è quello di un discernimento pastorale, allora sono i vescovi, e i sacerdoti confessori, ad essere chiamati a valutare caso per caso. Perché sono i vescovi che conoscono la sensibilità del gregge, le situazioni particolari, gli scandali da evitare.
Il testo del Cardinale sembra dunque spostare dalla decentralizzazione pastorale voluta da Papa Francesco ad una centralizzazione dell’interpretazione della norma. Il punto però resta il modo in cui viene considerata l’Eucarestia: se è semplicemente un pasto cui è negato l’accesso, oppure un Sacramento che va valorizzato. E resta sullo sfondo la questione della grazia: sarebbe temerario decidere quando la grazia di Dio opera e in che modo, come è temerario decidere a priori che l’ideale cristiano è impossibile da raggiungere.
Sono tutte domande sullo sfondo dello stimolante dibattito suscitato dall’Amoris Laetitia. Domande che vengono riportate in luce da questo piccolo, prezioso, volume.
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