New York City, New York , martedì, 14. febbraio, 2017 16:00 (ACI Stampa).
Nell’ambito di un dibattito al Consiglio di Sicurezza delle nazioni Unite sulla “Protezione delle Infrastrutture critiche contro gli attacchi terroristici”, la Santa Sede ha chiesto a gran voce l’intervento della comunità internazionale per proteggere le infrastrutture civili dagli attacchi terroristici.
L’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, ha sottlineato che ci vuole “una risposta internazionale unita” contro “questa ondata di terrore, che considera civili innocenti come obiettivi legittimi di violenza diretta o indiretta attraverso la distruzione delle infrastrutture da cui dipendono”.
L’arcivescovo ricorda il conflitto in Medio Oriente, ovvero nella “antica Mesopotamia”, che ha avuto un impatto fortissimo su “minoranze etniche, religiose e culturali” che hanno “abitato per millenni la regione”, dato che le forze in campo hanno “cercato intenzionalmente di distruggere” le radici storiche delle comunità “distruggendo i loro luoghi legati alla tradizione”, e allo stesso tempo hanno portato avanti una strategia di “annichilimento” con la distruzione di luoghi “necessari per la sopravvivenza di queste comunità”, come “scuole, ospedali, e risorse di acqua, nonché luoghi di culto”.
Di fronte a tutto questo, la Santa Sede richiama all’ “obbligo della comunità internazionale, che viene dalla Carta dell’ONU, di proteggere i civili e le loro infrastrutture fondamentali dalla brutalità e dalla barbarie dei gruppi terroristici”, che porta con sé anche l’obbligo di “sollevare il grado di attenzione” su questa tattica dei terroristi, pressando gli Stati affinché mantengano “un alto livello di protezione sulle infrastrutture” e una preparazione efficace in caso di attacchi.
La strategia – ammonisce la Santa Sede – deve “rifiutare l’obiettivo del profitto e i piccoli interessi geopolitici”. L’arcivescovo Auza rinnova l’appello alle nazioni produttrici di armi a limitare la produzione e la vendita di armi, munizioni e tecnologie verso Stati instabili e in regioni del mondo dove “la probabilità che vengano usati in maniera illegale” e cada nelle mani di “soggetti non statali”.