Città del Vaticano , giovedì, 9. febbraio, 2017 10:56 (ACI Stampa).
“Restate in mare aperto! Il cattolico non deve aver paura del mare aperto, non deve cercare il riparo di porti sicuri. Soprattutto voi, come gesuiti, evitate di aggrapparvi a certezze e sicurezze. Il Signore ci chiama a uscire in missione, ad andare al largo e non ad andare in pensione a custodire certezze. Andando al largo si incontrano tempeste e ci può essere vento contrario. E tuttavia il santo viaggio si fa sempre in compagnia di Gesù. Remate, siate forti, anche col vento contrario! Remiamo a servizio della Chiesa. Remiamo insieme. Questo è il vincolo tra me e voi”. Lo ha detto il Papa al Collegio degli scrittori de La Civiltà Cattolica, ricevuti stamane in udienza in occasione della pubblicazione del n. 4000.
In questi 4000 numeri - ha rilevato il Papa - “c’è una vita dentro, fatta di tanta riflessione, di tanta passione, di lotte sostenute e contraddizioni incontrate. Ma soprattutto di tanto lavoro”.
La Civiltà Cattolica deve restare - ha detto ancora Francesco - una comunità di “lavoratori, una definizione che è umile, modesta e molto efficace. Sant’Ignazio ci vuole lavoratori nella vigna mistica”. La Civiltà Cattolica è “una rivista che è espressione di una comunità di scrittori tutti gesuiti che condividono non solamente una esperienza intellettuale, ma anche una ispirazione carismatica e, almeno nel nucleo fondamentale della redazione, la vita quotidiana della comunità. E a voi spetta il confronto non soltanto sulle idee, ma anche sul modo di esprimerle e i mezzi adatti per farlo. Il centro della Civiltà Cattolica è il Collegio degli Scrittori. Tutto deve ruotare attorno ad esso e alla sua missione”. E questa missione - dopo 167 anni - va oltre la lingua italiana: le edizioni si allargano in spagnolo, inglese, francese e coreano. In tal senso “La Civiltà Cattolica sarà una rivista sempre più aperta al mondo. Questo è un nuovo modo di vivere la vostra missione specifica” e “non deve apparire come cosa da sagrestia”.
Il Papa “regala” poi alla rivista tre patroni gesuiti. Il cuore di un gesuita deve essere inquieto per abitare ponti e frontiere. E il primo patrono è San Pietro Favre “uomo di grandi desideri, spirito inquieto, mai soddisfatto, pioniere dell’ecumenismo. La vostra rivista prenda consapevolezza delle ferite di questo mondo, e individui terapie. Sia una scrittura che tende a comprendere il male, ma anche a versare olio sulle ferite aperte, a guarire. Favre camminava con i suoi piedi e morì giovane di fatica, divorato dai suoi desideri a maggior gloria di Dio. Voi camminate con la vostra intelligenza inquieta che le tastiere dei vostri computer traducono in riflessioni utili per costruire un mondo migliore, il Regno di Dio”.
Dopo inquietudine, il Papa propone il tema della incompletezza. Oggi “sembra trionfare la cultura del naufragio, nutrita di messianismo profano, di mediocrità relativista, di sospetto e di rigidità e la cultura del cassonetto, dove ogni cosa che non funziona come si vorrebbe o che si considera ormai inutile si butta via. La crisi è globale, e quindi è necessario rivolgere il nostro sguardo alle convinzioni culturali dominanti e ai criteri tramite i quali le persone ritengono che qualcosa sia buono o cattivo, desiderabile o no. Solo un pensiero davvero aperto può affrontare la crisi e la comprensione di dove sta andando il mondo, di come si affrontano le crisi più complesse e urgenti, la geopolitica, le sfide dell’economia e la grave crisi umanitaria legata al dramma delle migrazioni, che è il vero nodo politico globale dei nostri giorni”. E’ Matteo Ricci, pertanto, il secondo “patrono”, pioniere della missione in Cina.