Modena , sabato, 4. febbraio, 2017 16:00 (ACI Stampa).
“Preghiamo san Geminiano perché continui tra di noi la collaborazione, per combattere il male mascherato da bene ed essere di aiuto a chi è svantaggiato nel corpo e nello spirito”: questa è stata l’invocazione rivolta dall’arcivescovo di Modena-Nonantola, mons. Erio Castellucci, alla città in occasione della solennità del patrono san Geminiano.
Prendendo spunto dalla formella dell’architrave della Porta dei Principi del Duomo, in cui Geminiano guarisce dalla possessione del demonio la figlia dell’imperatore, il vescovo ha sottolineato che la Chiesa “fin dall’inizio, ha fondato il legame tra le opere di misericordia spirituale e corporale, dedicando la stessa attenzione all’aiuto verso l’affamato e verso l’afflitto, alla visita ai carcerati e al perdono delle offese, alla cura verso i poveri e all’educazione dei piccoli”.
Infine il vescovo ha ribadito la passione della Chiesa per la vita cittadina: “I grandi vescovi del IV secolo, che in alcune diocesi italiane sono venerati come protettori, non furono di solito i proto vescovi, ad esempio Geminiano è il secondo dopo Antonino, ma furono piuttosto i vescovi che lasciarono un’impronta particolarmente incisiva nella città. Nell’impero ormai decadente, questi vescovi rivestirono funzioni non solo spirituali, ma anche civili: proteggevano i poveri dai soprusi, si impegnavano per l’ordine pubblico, esercitavano l’ufficio di giudici, educavano i cittadini al bene comune e mantenevano relazioni diplomatiche con altri governi”.
Purtroppo ha sottolineato che nei secoli successivi l’assunzione di tali compiti civili da parte dell’autorità ecclesiastica hanno comportato, nei secoli successivi, ‘una mescolanza molto stretta’ tra le competenze religiose e civili: “Nessuno rimpiange quei giorni. Guardando però con realismo la storia, dobbiamo dire che quei vescovi, tra cui Geminiano, pur esercitando allora dei compiti di supplenza, indicarono una strada percorribile anche oggi. In un certo senso, successore di san Geminiano non è solo il vescovo di Modena, ma anche le istituzioni statali, civili e militari. Tutti infatti –dal Prefetto al Sindaco, dagli operatori della giustizia ai corpi militari e di vigilanza, dalle organizzazioni del lavoro a quelle della cultura e dell’economia– siamo impegnati per combattere il male e risollevare la vita delle persone”.
E nella lettera, scritta alla città, mons. Castellucci ha indicato nei ‘principi-base’ della Costituzione Italiana un esempio valido di collaborazione tra le forze istituzionali, sociali e politiche del Paese, per difendere la dignità della persona umana nel ricordo del padre, Aurelio, che: “si sentiva ed era un ‘cittadino’ leale e partecipe, come la Costituzione lo disegna, e non un ‘suddito’, come recitava lo Statuto Albertino. La sua passione politica, oltre che nei discorsi domestici, si esprimeva nella devozione con la quale seguiva, dalla metà degli anni Sessanta, tutte le trasmissioni di Tribuna politica e Tribuna elettorale”. Anche il futuro vescovo era stato contagiato dalla passione ‘politica’ trasmessagli dal padre: “Spesso il discorso dei politici cadeva sulla Costituzione repubblicana, che del resto a scuola in quegli anni si leggeva e commentava nell’ora di ‘educazione civica’.