Città del Vaticano , venerdì, 15. maggio, 2015 17:26 (ACI Stampa).
Papa Francesco il 6 giugno sarà a Sarajevo. Tra gli appuntamenti della visita la grande messa nello stadio Koševo ma anche l’incontro con i religiosi nella cattedrale e con i vescovi in nunziatura. La Chiesa in Bosnia Erzegovina ovviamente ha risentito in modo gravissimo della guerra. E non solo per la violenza degli atti, ma anche per il contrasto feroce tra cristiani e con gli islamici. Il senso del viaggio di Francesco è anche quello di aiutare una rinascita del dialogo tra le fedi. E per questo l’incontro ecumenico e interreligioso nel centro Francescano di Sarajevo sarà una delle tappe più significative.
La Chiesa dopo la guerra ha iniziato subito la ricostruzione delle sue strutture a cominciare dai seminari. Oggi ci sono una quarantina di seminaristi molti nel Seminario francescano a Nedjarici, una delle aree della capitale più devastate dalla guerra. Lo scorso anno purtroppo molte delle ricostruzioni sono state danneggiate dalle alluvioni.
Ma l’opera di ricostruzione più difficile è quella della riconciliazione. Nel suo discorso ai vescovi del paese ricevuti il 16 marzo in visita ad Limina, il Papa ha messo in luce proprio questo problema. Una situazione che, insieme alla difficoltà di trovare lavoro, mette in fuga molti giovani. “Quella dell’emigrazione- disse il Papa- è giustamente una delle realtà sociali che vi stanno molto a cuore. Essa evoca la difficoltà del ritorno di tanti vostri concittadini, la scarsità di fonti di lavoro, l’instabilità delle famiglie, la lacerazione affettiva e sociale di intere comunità, la precarietà operativa di diverse parrocchie, le memorie ancora vive del conflitto, sia a livello personale che comunitario, con le ferite degli animi ancora doloranti.”
E’ questa la sfida. Per affrontarla ci sono anche le scuole inter-etniche, le “Scuole per l’Europa”, per educare i giovani ai valori della tolleranza e alla convivenza pacifica. Nel 1997 è stato fondato il Consiglio interreligioso dove siedono i rappresentanti della comunità serba, cattolica, musulmana ed ebrea. L’idea è dimostrare che il conflitto non era una guerra “religiosa”, ma politica. Qualche risultato è arrivato, i leader religiosi hanno ottenuto l’inserimento dell’insegnamento della religione nelle scuole statali, prima escluso.
Con ortodossi e musulmani, la Chiesa cattolica sta preparando un progetto di collaborazione, indirizzato ai giovani, alle donne e ai bambini per creare un clima di fiducia reciproca tra le varie comunità. Ora sul tavolo del Consiglio interreligioso c’è il tema della difesa dei luoghi di culto spesso colpiti da preoccupanti atti vandalici. Il terreno più fertile di dialogo è quello della vita quotidiana dei fedeli delle diverse religioni, è questo dialogo dal basso che potrà permettere l’affermarsi nel Paese di una società davvero multiculturale.