Città del Vaticano , mercoledì, 4. gennaio, 2017 10:45 (ACI Stampa).
E’ la prima Udienza Generale di Papa Francesco in questo nuovo anno 2017. Francesco incontra fedeli e pellegrini di tutto il mondo in Aula Paolo VI e continua il ciclo di catechesi sulla speranza cristiana. Questa volta la protagonista è Rachele, la sposa di Giacobbe e la madre di Giuseppe e Beniamino, colei che, come ci racconta il Libro della Genesi, muore nel dare alla luce il suo secondogenito. Inoltre il Papa, nel corso dell’udienza, rivolge un invito alla preghiera per il massacro avvenuto nel carcere di Manaus in Brasile.
Francesco inizia la sua catechesi partendo dal brano del profeta Geremia che racconta la storia di Rachele, “una storia di speranza vissuta nel pianto”. “Geremia – spiega il Pontefice - presenta questa donna del suo popolo, la grande matriarca della sua tribù, in una realtà di dolore e pianto, ma insieme con una prospettiva di vita impensata. Rachele, che nel racconto di Genesi era morta partorendo e aveva assunto quella morte perché il figlio potesse vivere, ora invece, rappresentata dal profeta come viva a Rama, lì dove si radunavano i deportati, piange per i figli che in un certo senso sono morti andando in esilio; figli che, come lei stessa dice, “non sono più”, sono scomparsi per sempre”.
Ma Rachele non vuole essere consolata. “Questo suo rifiuto – spiega il Pontefice - esprime la profondità del suo dolore e l’amarezza del suo pianto. Davanti alla tragedia della perdita dei figli, una madre non può accettare parole o gesti di consolazione, che sono sempre inadeguati, mai capaci di lenire il dolore di una ferita che non può e non vuole essere rimarginata. Un dolore proporzionale all’amore”.
Per il Papa è Rachele che “racchiude in sé il dolore di tutte le madri del mondo, di ogni tempo, e le lacrime di ogni essere umano che piange perdite irreparabili”.
“Questo rifiuto di Rachele che non vuole essere consolata – continua Francesco - ci insegna anche quanta delicatezza ci viene chiesta davanti al dolore altrui. Per parlare di speranza a chi è disperato, bisogna condividere la sua disperazione; per asciugare una lacrima dal volto di chi soffre, bisogna unire al suo il nostro pianto. Solo così le nostre parole possono essere realmente capaci di dare un po’ di speranza. E se non riesco a dire nulla, meglio il silenzio. Una carezza, un gesto e il silenzio”.