A me pare che Francesco riesca con grande naturalezza a cambiare registro a seconda del contesto e dell’uditorio. Se ha davanti a sé per esempio dei ragazzi, dei seminaristi o delle giovani coppie, si concentra su pochi punti chiave in modo che siano ben assimilati da chi lo ascolta. Pensiamo all’ormai celebre “permesso-scusa-grazie” per delle buone relazioni in famiglia. Quando invece l’orizzonte è più ampio – penso per esempio al discorso alle Nazioni Unite o a quello pronunciato in occasione della consegna del Premio Carlo Magno – allora Francesco sviluppa una visione, uno sguardo lungo e profondo che, come ci dice in Evangelii Gaudium, punta ad avviare processi, anche mentali, piuttosto che occupare spazi.
Non c’è un rischio “populismo”?
Mi è difficile rispondere a questa domanda. Quello che invece mi pare evidente è l’amore che Francesco ha per il popolo, l’amore del pastore per il suo gregge. Mi pare che valga la pena sottolineare che il “popolo” che ha in mente, e nel cuore, Bergoglio non è una categoria sociologica né tanto meno politica. Per lui ha una valenza teologica, meglio ancora ecclesiologica. Si riferisce al Popolo di Dio con lo sguardo e il respiro del Concilio Vaticano II. Del resto, Lumen Gentium vede come inscindibile il cammino del vescovo e del popolo verso l’incontro con il Signore Risorto. Ed è proprio quello che Francesco sottolinea quotidianamente con i gesti prima ancora che con le parole.
Il Papa tende spesso a mettere in evidenza la parte “negativa” soprattutto nelle omelie di Santa Marta, gli errori che fanno i cattolici. Qual è lo scopo comunicativo?
Le omelie di Santa Marta sono, secondo me, molto ben calibrate. E’ innegabile, tuttavia, che Francesco sviluppi spesso il suo ragionamento da un dato negativo. Lavorando quotidianamente sui suoi interventi e in particolare proprio sulle omelie della Messa mattutina sono arrivato alla convinzione che questo modo di incedere nel ragionamento, e nella meditazione, abbia un profondo significato pedagogico, di discernimento e accompagnamento. Il Papa infatti non si ferma mai sulla situazione negativa, sulla condizione di peccato. Non c’è mai disperazione nelle sue parole. Francesco mostra sempre invece la via di redenzione che si apre quando ci lasciamo raggiungere dalla Misericordia di Dio. Quando ci lasciamo perdonare del Padre e possiamo così a nostra volta perdonare il prossimo.
Ovviamente per comunicare si deve ascoltare o meglio capire a chi si deve comunicare. Qual è secondo te il target di Papa Francesco?
Papa Francesco si rivolge ovviamente in primo luogo ai fedeli cattolici, direi con una particolare attenzione a quanti si trovano in difficoltà, a quanti hanno bisogno di una rivitalizzazione della propria fede. Tuttavia, in quella che a me sembra una scia sempre più definita nei Pontefici dopo il Concilio Vaticano II, Francesco parla a tutti gli uomini di buona volontà. In fondo, uno dei temi forti di questo Pontificato è la “cultura dell’incontro”. E il Papa la mette in pratica proprio con le “persone lontane” dalla Chiesa. La sua è una comunicazione tutta protesa verso l’altro. Perfino nella sua gestualità, Francesco mostra che non ha paura di uscire dal suo spazio per incontrare il prossimo. Insomma, quella di Papa Bergoglio è una comunicazione che sa da dove muove, ma non si pone limiti sul punto d’arrivo.
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