Città del Vaticano , lunedì, 12. dicembre, 2016 18:40 (ACI Stampa).
"Celebrare Maria è, in primo luogo, fare memoria della madre, fare memoria che non siamo né mai saremo un popolo orfano. Abbiamo una Madre!" Cosi Papa Francesco rammenta ai fedeli la figura di Maria, nella sua omelia in occasione della Festa della Madonna di Guadalupe. È il terzo anno consecutivo che il Papa presiede in San Pietro la celebrazione eucaristica in onore della Patrona di tutta l’America. Il Pontefice professa una profonda devozione alla Vergine di Guadalupe, la "Morenita".
"E dove è la madre - continua Francesco nella sua omelia in spagnolo - c’è sempre presenza e sapore di casa. Dove è la madre, i fratelli potranno litigare ma sempre trionferà il senso dell’unità. Dove è la madre non mancherà la lotta in favore della fraternità. Sempre mi ha impressionato vedere, in diversi popoli dell’America Latina, quelle madri lottatrici che, spesso da sole, riescono a mandare avanti i figli. Così è Maria con noi, suoi figli: Donna lottatrice di fronte alla società della sfiducia e della cecità, di fronte alla società della indolenza e della dispersione; Donna che lotta per rafforzare la gioia del Vangelo. Lotta per dare “carne” al Vangelo".
"Guardare la Guadalupana - spiega il Pontefice - è ricordare che la visita del Signore passa sempre attraverso coloro che riescono “a fare carne” la sua Parola, che cercano di incarnare la vita di Dio nelle proprie viscere, diventando segni vivi della sua misericordia".
Maria, celebrarla e contemplarla. Celebrare la memoria di Maria è "celebrare che noi come Lei, siamo invitati a uscire e andare all’incontro con gli altri con il suo stesso sguardo, con le sue stesse viscere di misericordia, con i suoi stessi gesti. Contemplarla è "sentire il forte invito ad imitare la sua fede".
Maria ci insegna a credere e ad andare contro quella che il Papa nella sua omelia chiama la "società della sfiducia": "Una società che è diventata cieca e insensibile davanti a migliaia di volti che restano indietro nel cammino, esclusi dall’orgoglio accecante di pochi. Una società che finisce con il creare una cultura della disillusione, del disincanto e della frustrazione in tantissimi nostri fratelli...Bambini e giovani sfruttati in lavori clandestini o costretti a trovare una moneta agli incroci delle strade, pulendo i parabrezza delle nostre auto e sentono che nel “treno della vita” non c’è posto per loro. Quante famiglie continuano a essere segnate dal dolore di vedere i propri figli vittime dei mercanti della morte".