Città del Vaticano , venerdì, 18. novembre, 2016 9:00 (ACI Stampa).
Dal Giubileo al cammino ecumenico. Dalla critica al rigorismo ideologico all’unità tra fratelli cristiani nel servizio del povero. In una lunga intervista con Avvenire, Papa Francesco non traccia solo un bilancio dell’Anno Santo Straordinario che si sta per concludere – bilancio che in fondo rifiuta, perché “io non ho fatto un piano” – ma parla del cammino ecumenico, e lo mette in continuità con i frutti del Concilio Vaticano II e il lavoro fatto dai suoi precessori.
La speranza di Papa Francesco per il Giubileo è che “molte persone abbiano scoperto di essere molto amate da Gesù e si siano lasciate abbracciare da lui”, perché “la misericordia è il nome di Dio e anche la sua debolezza”, in quanto porta Dio a “dimenticare i peccati”. Ma non c’era un piano per il Giubileo, dice, perché “si trattava solo di essere docili allo Spirito Santo, di lasciar fare a lui”. “La Chiesa è Vangelo, è l’opera di Gesù Cristo. Non è un cammino di idee, lo strumento per affermarle”, sottolinea il Papa.
Per lui, questo è stato il “Giubileo del Concilio” dove “il tempo della su ricezione e il tempo del perdono coincidono, con la consapevolezza che per ricevere un Concilio ci vuole almeno un secolo e ora “siamo a metà del cammino”. Papa Francesco guarda alla Lumen Gentium, la costituzione conciliare con la quale – dice – la Chiesa “è risalita alle sorgenti della sua natura”, e questo “sposta l’asse della concezione cristiana da un certo legalismo, che può essere ideologico, alla persona di Dio che si è fatto misericordia nell’incarnazione del figlio”. Ma – e il Papa fa anche riferimento al dibattito che si è creato intorno all’esortazione post-sinodale Amoris Laetitia – “continuano a non comprendere, o bianco o nero, anche se ne è nel flusso della vita che si deve discernere”.
Per quanto riguarda il cammino ecumenico, Papa Francesco nega che l’Anno della Misericordia abbia favorito le iniziative con le altre chiese cristiane, perché “tutti gli incontri sono parte di un percorso che viene da lontano. Non è una cosa nuova. Sono solo passi in più”.
Il Papa si mette sulla scia dei passi dei predecessori, ricorda la morte del Patriarca Nikodim tra le braccia di Giovanni Paolo I, i funerali di Giovanni Paolo II con tutti i capi delle Chiese d’oriente, afferma che questa unione è “fratellanza” e che pure gli incontri con tutti i capi delle Chiese cristiane non sono parte di un’accelerazione, ma sono piuttosto il risultato “del cammino del Concilio che va avanti, s’intensifica. Ma il cammino non sono io”.