Città del Vaticano , martedì, 15. novembre, 2016 16:00 (ACI Stampa).
C’è il problema, fortissimo, dell’estremismo islamico che si sta diffondendo nel mondo. Eppure, il Rapporto annuale sulla Libertà Religiosa presentato oggi da Aiuto alla Chiesa che Soffre racconta una realtà più sfaccettata. Sottolinea che la libertà religiosa non viene solo messa sotto attacco dal radicalismo islamico, sempre più diffuso. Mette in luce come le violazioni alla libertà religiosa siano “permesse” in qualche modo anche da quelle leggi che danno privilegi speciali ad una fede piuttosto che ad un’altra. Fa notare che anche nella “civilizzata” Europa la libertà religiosa è a rischio. E racconta l’altra faccia della Cina dell’apertura, quella che demolisce le croci cristiane e tiene sotto scacco le fedi religiose.
È un mondo multiforme, quello sottolineato dal Rapporto ACS, che – afferma il presidente nazionale Mantovano – “va incontro ad esigenza di dare descrizione oggettiva della realtà”.
Il rapporto prende in esame il periodo che va dal giugno 2014 al giugno 2016. È un rapporto fortemente caratterizzato dalla minaccia alla libertà religiosa rappresentata dal radicalismo, e in particolare dal radicalismo di tipo islamista. È un tema cui ACS Italia, da sempre attivissimo nel difendere i cristiani perseguitati, si è speso molto in questo anno, non solo con aiuti, ma per creare sensibilità: la Fontana di Trevi colorata di rosso, la scritta “Help Christians” sul Pirellone di Milano, le testimonianze al Meeting di Rimini hanno accompagnato un impegno costante di denuncia, con la richiesta di definire “genocidio” la persecuzione che ha luogo contro i cristiani in Medio Oriente.
“La libertà religiosa riguarda il rapporto tra l’uomo e Dio. Per questo è madre di tutte le libertà”, ricorda il Cardinale Mauro Piacenza, presidente internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre. Il quale aggiunge: “Il sostegno alla formazione, il sostegno alla libertà della stampa, è germe fecondo di un adeguato rispetto di questa esigenza umana e di un riconoscimento dell’apporto di coloro che vivono la società religiosa”.
Le nove case histories presentate vanno dall’indicazione di una situazione drammatica a segni di speranza. Dalla testimonianza della donna yazida che porta l’intero parlamento inglese a definire come “genocidio” i crimini perpetuati dallo Stato Islamico ad una partita di calcio interreligiosa organizzata in Pakistan. Quello che emerge, però, non è del tutto positivo.