New York City, New York , giovedì, 7. maggio, 2015 15:30 (ACI Stampa).
La Santa Sede si interroga sul perché i giovani si facciano reclutare via Internet per darsi all’estremismo violento, ed elabora una risposta basata sull’educazione, ma anche sull’applicazione di politiche adeguate che sappiano integrare i giovani immigrati nelle comunità che li ospitano. Le proposte della Santa Sede sono contenute in un discorso del 23 aprile scorso che l’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, ha tenuto in un dibattito promosso al Consiglio di Sicurezza sul “ruolo della gioventù nel contrastare l’estremismo violento e promuovere la pace.”
Non è la prima volta che la Santa Sede affronta problemi legati alle nuove comunicazioni di massa. In un documento del 2002, “Etica in Internet,” il Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali concludeva che “il carattere transnazionale e di collegamento di Internet e il suo ruolo nella globalizzazione richiedono una cooperazione internazionale per stabilire modelli e meccanismi volti alla promozione e la tutela del bene comune internazionale.”
È un tema che si ritrova anche nelle parole dell’Arcivescovo Auza al Palazzo di Vetro. Sotto la presidenza di turno della Giordania, l’arcivescovo mette in luce la positività dei mezzi di comunicazione di massa, ma sottolinea anche come “sfortunatamente, questi grandi avanzamenti tecnologici possono anche essere manipolati per diffondere messaggi di odio e violenza.”
L’osservatore permanente mette in luce come il fenomeno dei giovani che rispondono al reclutamento “di quanti li incitano a impegnarsi in un estremismo violento si sviluppa all’interno di un contesto di disillusione e opportunità mancate, di crisi di identità socio-culturale e mancata integrazione, di alienazione e insoddisfazione, di rottura del rapporto tra generazioni e disfacimento delle famiglie.”
Per questo – sottolinea l’Arcivescovo Auza – un passo fondamentale è proprio quello di “lavorare e supportare” la famiglia nei suoi sforzi di educare bambini e giovani “nei valori del dialogo e del rispetto per gli altri, per renderli meglio equipaggiati per resistere a ciò che sembra a prima vista una chiamata attraente verso una ‘causa più grande’ e una ‘avventura’ con i gruppi estremisti.”