New York City, New York , sabato, 22. ottobre, 2016 15:00 (ACI Stampa).
Disarmo nucleare, sradicamento della povertà e diritti delle popolazioni indigeni: in tre interventi nel dibattito sull’agenda 2030 alle Nazioni Unite, la Santa Sede mette in luce le sue priorità. Che sono quelle di una diplomazia orientata sull’essere umano, più che sugli accordi.
Una posizione che si legge bene sul tema del nucleare. La Santa Sede non è contraria allo sviluppo pacifico dell’energia nucleare, e per questo è membro fondatore dell’AIEA (Agenzia Internazionale di Energia Atomica), ma da sempre chiede un bando delle armi nucleari. Lo ricorda l’arcivescovo Auza alle Nazioni Unite in un intervento del 17 ottobre, mettendo in luce che l’idea “di deterrenza nucleare offre un falso senso di sicurezza e una pace illusoria, perché la pace duratura non può essere garantita dal mantenimento di un bilancio di terrore”.
In discussione, anche il tema del Trattato di Non Proliferazione Nucleare, il quale – secondo la Santa Sede – può avere successo solo se gli Stati mettono da parte il loro arsenale nucleare, piuttosto che aggiornarlo. La Santa Sede auspica che presto ci sia “uno strumento legale vincolante” che proibisca l’avanzamento delle armi nucleari, e che il Trattato di Bando dei Test Nucleari diventi presto effettivo. Ma non solo: il sogno finale è quello di un disarmo integrale e per questo la Santa Sede sottolinea che le negoziazioni sul disarmo nucleare e la non proliferazione devono essere accompagnati anche da accordi sulla riduzione delle forze convenzionali. E poi, il 19 ottobre, la Santa Sede ha anche affrontato il tema delle armi che vengono dai satelliti, chiedendo di negoziare anche perché si dichiarino le armi che vengono dallo spazio fuorilegge. E' una frontiera legale, tutta da scoprire.
L’agenda 2030 affronta anche il tema dello sradicamento della povertà. Parlando di fronte all’Assemblea ONU il 17 ottobre, l’Osservatore Permanente della Santa Sede ha plaudito ai progressi fatti per ridurre la povertà, ma ha anche messo in luce come troppe persone – più del 10 per cento della popolazione mondiale – vivono sotto la soglia della povertà. La riduzione della povertà – ha sottolineato l’arcivescovo Auza – non può essere semplicemente un tema di crescita economica, ma piuttosto di sviluppo umano integrale. La persona umana è il centro delle politiche di riduzione di povertà – ha detto il rappresentante della Santa Sede – e deve includere anche l’accesso all’educazione, alla salute e a un’occupazione degna, inclusa la partecipazione e l’assistenza. Un appello speciale è stato fatto anche per l’inclusione delle donne.
Quindi, la questione dei popoli indigeni. Sono una minoranza della popolazione, eppure sono fondamentali. La Santa Sede ha chiesto di impegnarsi a preservare la loro eredità, linguaggi, tradizioni religiose, e anche il loro approccio alla cura del creato, che è “una alternativa umana ad una globalizzazione esclusiva”. “I popoli indigeni – ha detto l’arcivescovo Auza – devono essere agenti attivi e non passivi beneficiari dell’Agenda 2030 dello Sviluppo Sostenibile.