I cambiamenti climatici sono visibili in particolare a “quanti sono impegnati nel lavoro dei campi, dell’allevamento, della piccola pesca, delle foreste, o vivono nella aree rurali a diretto confronto con gli effetti dei cambiamenti climatici, sperimentano che, se il clima cambia, anche la loro vita cambia”. Sono loro a vivere “situazioni difficili, spesso drammatiche”, che portano loro a pensare di “abbandonare le case”, perché prevale “il senso di abbandono” il fatto che si sentano “abbandonati dalle istituzioni”.
Sono le comunità rurali – nota il Papa – che mostrano come “apprendere uno stile di vita che può aiutare “ a difendersi dalla logica del consumo e della produzione ad ogni costo, logica che, ammantandosi di buone giustificazioni, come l’aumento della popolazione, in realtà mira solo all’aumento dei profitti”.
Il Papa punta il dito su “quanti pensano ormai di essere onnipotenti e di poter trascurare i cicli delle stagioni o modificare impropriamente le diverse specie animali e vegetali, facendo perdere quella varietà che, se esiste in natura, vuol dire che ha – e deve avere – il suo ruolo”. E fa una valutazione critica anche degli OGM, perché “produrre qualità che in laboratorio danno ottimi risultati, può essere vantaggioso per alcuni, ma avere effetti rovinosi per altri. E il principio di precauzione non basta, perché molto spesso si limita a non permettere di fare qualcosa, mentre c’è bisogno di agire con equilibrio e onestà”.
Insomma, nota il Papa, “selezionare geneticamente una qualità di pianta può dare risultati impressionanti dal punto di vista quantitativo, ma abbiamo tenuto conto dei terreni che perderanno la loro capacità di produrre, degli allevatori che non avranno pascolo per il loro bestiame, e di quante risorse acquifere diventeranno inservibili? E soprattutto, ci siamo chiesti se e in che misura concorreremo a modificare il clima?”
Ci vuole insomma “saggezza” e non precauzione, anche perché questo modello di produzione “è a tutto vantaggio di gruppi ristretti e di un’esigua porzione della popolazione mondiale”.
Una questione che ha effetti diretti sulle emergenze che la FAO si trova ad affrontare. I migranti climatici “sono sempre più numerosi” – ricorda il Papa – “e vanno ad ingrossare le fila di quella carovana degli ultimi, degli esclusi, di coloro a cui è negato anche di avere un ruolo nella grande famiglia umana”.
Non basta “impressionarsi e commuoversi” di fronte a chi chiede il pane quotidiano, ma servono azioni e scelte politiche, considerando che “i livelli di produzione mondiale permettono di assicurare alimenti per tutti, purché ci sia un’equa distribuzione”.
Ma “il meccanismo della distribuzione rimane teorico se gli affamati non hanno un accesso effettivo agli alimenti, se continuano a dipendere da apporti esterni più o meno condizionati, se non si crea un corretto rapporto tra fabbisogno e consumo e, non ultimo, se non si eliminano gli sprechi e non si riducono le perdite di cibo”.
Serve un mutamento di rotta cui sono chiamati tutti, “ognuno nelle diverse responsabilità, ma tutti nel medesimo ruolo di costruttori di un ordine interno alle Nazioni e di un ordine internazionale che non permettano più che lo sviluppo sia appannaggio di pochi, né che i beni del creato siano patrimonio dei potenti.”
Ci sono esempi positivi, dice il Papa, e si deve fare per rispondere ai bisogni di tutti. Ricorda, il Papa, il prossimo appuntamento di Marrakech (la COP22, la conferenza ONU sul clima) che “chiamerà gli Stati Parte della Convenzione sui cambiamenti climatici a dare attuazione a quegli impegni”.
Papa Francesco auspica che l’accordo di Parigi non sia fatto solo di belle parole, ma che si trasformi “in decisioni coraggiose capaci di fare della solidarietà non soltanto una virtù, ma anche un modello operativo in economia, e della fraternità non più un’aspirazione, ma un criterio della governance interna e internazionale”.
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