Napoli , mercoledì, 12. ottobre, 2016 15:00 (ACI Stampa).
Con una solenne concelebrazione eucaristica, presieduta dal cardinale Crescenzio Sepe, nella cattedrale di Napoli si è aperto l’anno pastorale, incentrato sulla terza opera di misericordia corporale ‘Vestire gli Ignudi’, tema della Lettera Pastorale scritta dall’arcivescovo di Napoli.
“Quante nudità materiali e morali! Strade piene di clochards, di poveracci, che combattono, anche contro le intemperie, la battaglia della sopravvivenza. Nelle carceri detenuti che sembrano aver perduto la loro dimensione umana perché forse dimenticati da tutti e abbandonati dalla famiglia, rimasti talvolta anche senza vestiti. Tanti emigrati girano per la città, che appaiono smarriti, disorientati, provati dalla miseria e soffrono il freddo della indifferenza, della non accoglienza e della mancata integrazione. Sotto i ponti della disperazione o fermi nelle stazioni e senza mete, uomini e donne denudati e affamati” chiedono il mantello della carità e un segno di riconoscimento della loro dignità di figli di Dio.
La lettera pastorale chiude un cammino decennale e ne apre uno nuovo e traccia una nuova conversione, come ha delineato Papa Francesco: “Il cammino che abbiamo di fronte è ancora lungo e impegnativo. Postula un deciso mutamento di mentalità, una costante conversione pastorale, un rinnovato ardore apostolico... Una Chiesa, perciò, aperta, inquieta, quasi un Ospedale da campo, preparata ad accogliere tutti e a curare le ferite dell’uomo d’oggi, smarrito e confuso. In effetti, la condizione dell’uomo contemporaneo, disincantato, sconfitto, disintegrato, ha bisogno di chi si prende cura delle sue pene, di chi si curva sulle sue miserie”.
Con la lettera pastorale il cardinale Sepe traccia un percorso della chiesa partenopea invitandola a conoscere le ‘realtà’ del territorio, ‘vestire gli ignudi’ significa passare all’azione concreta della vicinanza, come ha fatto san Martino di Tours: “Egli tracciava in questo modo una via di sequela, diversa dal martirio e dal monachesimo, percorsa da innumerevoli discepoli di Gesù, desiderosi di seguirne le orme. Dividere con il povero il proprio mantello, condividere con l’altro tutto ciò che si è, divenne il programma di vita di ogni autentico cristiano, la cifra di un mondo diverso, rinnovato dal messaggio del Vangelo”. Per risolverle non bastano gli abiti”. Commentando la tela del Caravaggio, che accompagnerà la chiesa napoletana in questo cammino, l’arcivescovo di Napoli ha sottolineato che la misericordia non significa ‘buonismo’, indicando alcune strade che la Chiesa napoletana può percorrere attraverso l’educazione alla sobrietà ed alla condivisione per rivestire i poveri della loro dignità attraverso una ‘cittadinanza responsabile’: “E’ la nudità che porta alla disperazione, che annulla ogni speranza di cambiamento, che spinge alla sopraffazione e alla violenza. Proprio sul fronte della nudità che è offesa alla dignità della persona, il campo si allarga e comprende il vasto mondo delle emarginazioni sociali che, come marchi infamanti, strappano il vestito della dignità soprattutto ai nostri giovani.
Mi riferisco, in particolare, a quanti si dedicano al mercato della droga, una piaga devastante che, nell’assoluta illegalità, ha creato come un ‘sistema’ che gronda sangue, distruggendo intere famiglie e colpendo soprattutto le giovani generazioni… C’è, infine, il mondo degli indifesi, cioè di quelli che sono nudi perché privati di certezze e sicurezze. Quanti bambini abbandonati a se stessi, senza protezione, educazione, quasi figli di nessuno, preda della violenza e della prepotenza degli adulti! Bambini nudi perché nessuno offre loro il mantello della carità… La strada è tracciata per il prossimo anno pastorale: è la strada della carità che ci invita a vestire gli ignudi”.