L’avevano definita bigotta, perché così l’aveva liquidata la storiografia dell’Ottocento, di stampo massonico e anticlericale. Ma Giulia Colbert, nipote di quel Colbert che fu ministro delle Finanze di Luigi XIV, giovane bella, ricca, amica di Carlo Alberto, del Conte Camillo Benso di Cavour e della Torino altolocata, è una delle personalità più interessanti dell’Ottocento. Se non altro per quella scelta, completamente controcorrente, di dedicarsi ai poveri, piuttosto che alla bella vita.
Proveniente dalla Vandea, conosce il marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo alla Corte Napoleonica, e lo sposa. Non hanno figli. Così i due si dedicano ai bisognosi. È di Giulia la riforma delle carceri femminili torinesi, che diventeranno un modello per l’Europa. Ed è sempre merito di Giulia la fondazione del “Rifugio,” centro di educazione preventiva per ragazze a rischio e di riabilitazione per detenute non in grado di reinserirsi nella società. E ai marchesi di Barolo si devono anche il primo asilo infantile e il primo ospedale pediatrico per bambine e ragazze disabili: fu qui che don Bosco ebbe l’idea dell’Oratorio Salesiano. Poi, la Marchesa fonda anche una Congregazione religiosa le Sorelle Penitenti di S. Maria Maddalena, oggi Figlie di Gesù Buon Pastore, e col marito dà vita anche alle Suore di S. Anna per l’educazione dell’infanzia e della gioventù. La morte la coglie il 19 gennaio 1864.
I coniugi Bernardini
Le virtù erocihe dei coniugi Bernardini sono state riconosciute separatamente. Ma la loro vita in comune è di quelle da seguire come esempio, specialmente alla vigilia della seconda parte di un Sinodo della Famiglia.
Sergio Bernardini ha vissuto una vita fatta di capitoli dolorosi. Nato nel 1882 a Sassoguidano, sulle montagne del modenese, sposa nel 1907 Emilia Romani, da cui ha i tre figli Mario, Medardo e Igina. Ma il destino è in agguato. In 5 anni, a partire dal 1907 perde prematuramente il padre, la madre, il fratello, la moglie e i suoi tre figli. A 30 anni Sergio è solo, pieno di debiti, e parte per Chicago, ma poi, a letto per alcuni mesi a seguito di un incidente, capisce che deve tornare in Italia per non perdere la fede. Quando torna, il parroco gli propone di diventare sacerdote. Ma non è quella la sua vocazione. Incontra Domenica, una giovane del luogo, si sposano, fanno 10 figli, e 8 su 10 si consacrano e diventano missionari e missionarie. Tra questi, padre Sebastiano, che si è fatto cappuccino, e che chiede ai genitori di adottare a distanza un seminarista africano. Loro accettano, e si prendono cura di Felix, che diventerà addirittura vescovo in Niger e presiederà alla cerimonia con cui l’ultimo figlio della coppia, padre Germano, verrà incardinato arcivescovo metropolita di Smirne, in Turchia.
Il vescovo di Montevideo
Fa un passo avanti per essere iscritto al registro dei beati anche Giacinto Vera, che è stato il primo Vescovo di Montevideo. Nato il 3 luglio del 1813, in mare aperto, mentre il padre viaggiava dalle Canarie all’Urugay, fu ordinato sacerdote a 19 anni, e nel 1865 fu consacrato vescovo di Megara e nominato Vicario Apostolico dell’Uruguay. La carità di vera era proverbiale. Si racconta che alcuni Curati della sua Diocesi deposero nelle sue mani certi risparmi fatti nell' esercizio del loro ministero. Un giorno si presentarono al loro Vescovo per ritirare ciò che gli avevano consegnato, ed ebbero la seguente risposta : “Voi mi diceste che erano quelli i risparmi vostri, ed io per sicurezza di maggior frutto per voi li ho depositati in mano dei poveri delle vostre parrocchie. Gesù Cristo, che nel suo Vangelo si nomina il rappresentante dei poveri, vi renderà i vostri risparmi col cento per uno, come ha promesso.” Morì nel 1881.
Iscriviti alla nostra newsletter quotidiana
Ricevi ogni giorno le notizie sulla Chiesa nel mondo via email.