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Ecumenismo? “Non possumus”

Padre Ghiorghi Sviadadze | Padre Ghiorghi Sviadadze nel suo studio all'Accademia teologica del Patriarcato ortodosso | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa Padre Ghiorghi Sviadadze | Padre Ghiorghi Sviadadze nel suo studio all'Accademia teologica del Patriarcato ortodosso | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa

L’assenza della delegazione della Chiesa georgiana alla Messa del Papa? Decisa all’ultimo momento, ma con profondo rispetto per il Pontefice. Le relazioni con la Chiesa cattolica? Sono buone, facciamo molte cose insieme, e in molti campi. Perché allora non è possibile nemmeno una preghiera comune? Sono i canoni che ce lo impediscono.

Padre Ghiorghi Zviadadze, rettore dell’Accademia Teologica e del Seminario di Tbilisi, ma soprattutto uomo del Patriarcato nell’organizzazione del viaggio, fa con ACI Stampa un bilancio del viaggio di Papa Francesco nella sua terra, lì, dove i cristiani sono meno dell’1 per cento e i rapporti con la Chiesa ortodossa sono difficilissimi. Ma padre Zviadadze non la vede così. La cooperazione con i cattolici, dice, è totale. Il problema, continua, è solo la comunione eucaristica, ormai spezzata, e quei canoni provenienti dai primi sette Concili ecumenici che non si possono cambiare, e che non permettono nessuna preghiera comune. Solo una certa ospitalità.

“Organizzare la visita del Papa – racconta – è complicato, può capire le responsabilità che ho vissuto. Ci sono state alcune tensioni, perché si voleva fare tutto ad alto livello. Lo stesso Patriarca Ilia II mi ha detto che questa visita era molto importante per la nostra nazione, e per la nostra Chiesa, e per questo andava fatta una accoglienza di alto livello. Devo esprimere grande apprezzamento per la parte vaticana e per come ha gestito la visita con noi, pensando anche ai minimi dettagli”.

Perché il Patriarcato ci teneva così tanto alla visita? Perché “il Papa di Roma è capo della Chiesa cattolica e anche Capo di Stato, e comprendiamo bene il significato di questa visita per la nostra nazione e l’importanza che può avere per il Patriarcato di Georgia,” risponde padre Zviadadze. Sebbene – aggiunge – “non ci sia unità eucaristica e per questo non c’è piena comunione, abbiamo relazioni molto buone dal punto di vista scientifico culturale e politico”.

Non solo. Padre Zviadadze vuole ricordare anche il dialogo teologico con il mondo ortodosso, che – dice – “è composto di tante autocefalie, ma è indiviso". E lo fa mettendo in luce il lavoro della Commissione Teologica Mista Cattolico Ortodossa che si è riunita a Chieti, e sulle cui conclusioni la stessa Chiesa di Georgia ha avuto da ridire, chiedendo che alcuni paragrafi fossero meglio specificati.

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Però padre Zviadadze ci tiene a rimarcare nella conversazione che le relazioni sono sempre ottime. Eppure, non c’è stata una delegazione del Patriarcato di Georgia alla Messa di Papa Francesco lo scorso 1 ottobre a Tbilisi. “Perché secondo la legge canonica, non possiamo avere preghiere comuni e liturgia comune”, spiega. Racconta che il protocollo vaticano aveva fatto sapere che sarebbe stato bello il fatto che un rappresentante ufficiale del Sinodo della Chiesa di Georgia fosse presente. Allora abbiamo detto che abbiamo capito, siamo stati aperti all’ipotesi. Ma poi il Sinodo ha deciso che non era il caso.”

Il danno diplomatico, però, è stato notevole, perché una delegazione è stata annunciata e poi non si è presentata. “Abbiamo preso la decisione all’ultimo minuto – dice padre Zviadadze – e abbiamo subito avvisato i nostri amici dall’altra parte, i quali hanno detto che capivano e non hanno cercato di metterci in una situazione scomoda. Siamo loro molto grati per questo”.

Nonostante l’incidente di percorso, il Patriarcato giudica positivamente la visita. “Il Patriarca ha voluto accompagnare personalmente il Papa fin sulla scaletta dell’aereo – racconta il rettore del seminario ortodosso – e il Papa gli è stato molto riconoscente. Ero vicino a lui quando il Papa si è avvicinato all’orecchio del Patriarca, e potevo sentire ogni sua parola. Diceva ‘Santità, è molto gentile di essere venuto ad accompagnarmi’.”

Insomma, tutto è stato fatto per fornire una “accoglienza calorosa e amichevole”. Restano i nodi aperti del dialogo ecumenico, considerando che Ilia fu il primo Patriarca georgiano ad andare a Roma, già nel lontano 1980. Cosa ha causato la rottura?

La rottura – dice padre Zviadadze - non è connessa alla Chiesa di Georgia, ma a tutta la Chiesa ortodossa. Dobbiamo essere molto aperti e onesti nel dire che lavoriamo insieme su molti progetti e molti temi riguardo la bioetica e abbiamo buone relazioni con la Chiesa. Il dialogo è sempre importante. Ma dobbiamo essere altrettanto onesti nel dire che il corpo di Cristo è diviso”.

Sembra però non ci sia possibilità di alcun tipo di dialogo, perché la “Chiesa ortodossa protegge e preserva l’insegnamento della Chiesa indivisa”. Insomma, da quei concetti non ci si smuove. Perché secondo la legge canonica – insiste padre Zvidadze – “non si può avere né liturgia né preghiera insieme, è partecipare ad un rito”.

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Per questo motivo non ci poteva essere una preghiera tra il Papa e il Patriarca, mentre una possibile presenza del Papa ad una Divina Liturgia (sul modello di quanto successo ad esempio nella visita di Papa Francesco al Patriarcato di Costantinopoli) è stata discussa, ma “non c’era l’accordo sulla liturgia, ma abbiamo una tradizione molto ben stabilita”.

C’è dunque un futuro dell’ecumenismo? Padre Zviadadze fa la distinzione tra l’accezione negativa dell’ecumenismo, che consiste nella “eclettica modificazione di ogni rito”. Ma tolleranza – “una valore di cui la Georgia è infusa” – non significa accettare modificazioni teologiche. E poi c’è l’ecumenismo positivo, che avviene quando “la pienezza della verità è tenuta al sicuro”, ma senza costringere le persone ad adeguarsi, perché ogni tentativo di “unire le persone in maniera artificiale porta al fallimento”.