Tbilisi , venerdì, 30. settembre, 2016 14:33 (ACI Stampa).
Papa Francesco è in Georgia, prima tappa del Viaggio Apostolico nel Caucaso che lo vedrà domenica raggiungere anche l’Azerbaijan. Dopo la cerimonia di benvenuto all’aeroporto di Tbilisi il Pontefice - accolto anche dal Patriarca Ortodosso Ilia II - ha raggiunto il palazzo presidenziale per la visita di cortesia al Presidente Giorgi Margvelashvili. Al termine dell’incontro Papa Francesco si è intrattenuto con i rappresentanti del mondo politico, della società civile e con gli ambasciatori accreditati. Assente nel seguito papale il Cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, per una influenza.
La Georgia - ha esordito Francesco - è una “terra benedetta, luogo d’incontro e di vitale scambio tra culture e civiltà”. Una terra cristiana, in quanto il Cristianesimo “è diventato il seme della successiva fioritura della cultura georgiana”. La Georgia è terra europea ma è anche “un ponte naturale tra l’Europa e l’Asia, una cerniera che facilita le comunicazioni e le relazioni tra i popoli, che ha reso possibili nel corso dei secoli sia i commerci che il dialogo e il confronto delle idee e delle esperienze tra mondi diversi”.
25 anni dopo l’indipendenza - ha ricordato il Papa - la Georgia “ha costruito e consolidato le sue istituzioni democratiche e ha cercato le vie per garantire uno sviluppo il più possibile inclusivo e autentico. Tutto questo non senza grandi sacrifici, che il popolo ha coraggiosamente affrontato per assicurarsi la tanto agognata libertà. Auspico che il cammino di pace e di sviluppo prosegua con l’impegno solidale di tutte le componenti della società, in modo da creare quelle condizioni di stabilità, equità e rispetto della legalità atte a favorire la crescita e ad aumentare le opportunità per tutti”. “Tale autentico e duraturo progresso - ha aggiunto - ha come indispensabile condizione preliminare la pacifica coesistenza fra tutti i popoli e gli Stati della Regione. Ciò richiede che crescano sentimenti di mutua stima e considerazione, i quali non possono tralasciare il rispetto delle prerogative sovrane di ciascun Paese nel quadro del Diritto Internazionale”.
Pertanto - ha ancora auspicato il Pontefice - “occorre avere la consapevolezza che i principi rilevanti per un’equa e stabile relazione tra gli Stati sono al servizio della concreta, ordinata e pacifica convivenza tra le Nazioni. In troppi luoghi della terra, infatti, sembra prevalere una logica che rende difficile mantenere le legittime differenze e le controversie in un ambito di confronto e dialogo civile dove prevalgano la ragione, la moderazione e la responsabilità. Questo è tanto più necessario nel presente momento storico dove non mancano anche estremismi violenti che manipolano e distorcono principi di natura civile e religiosa per asservirli ad oscuri disegni di dominio e di morte”.
Di fronte a un quadro del genere tutti devono avere a cuore “la sorte dell’essere umano nella sua concretezza e compiano con pazienza ogni tentativo per evitare che le divergenze sfocino in violenze destinate a provocare enormi rovine per l’uomo e la società. Qualsiasi distinzione di carattere etnico, linguistico, politico o religioso, lungi dall’essere usata come pretesto per trasformare le divergenze in conflitti e i conflitti in interminabili tragedie, può e deve essere per tutti sorgente di arricchimento reciproco a vantaggio del bene comune. Ciò esige che ciascuno possa mettere pienamente a frutto le proprie specificità, avendo anzitutto la possibilità di vivere in pace nella sua terra o di farvi ritorno liberamente se è stato costretto ad abbandonarla”.