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Santa Sede all’ONU: “I governi si impegnino a fianco delle comunità religiose”

Nazioni Unite | La sede delle Nazioni Unite a New York | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa Nazioni Unite | La sede delle Nazioni Unite a New York | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa

Come combattere la radicalizzazione della religione? Con un maggiore impegno a fianco delle organizzazioni religiose. Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, nei suoi discorsi alle Nazioni Unite continua a reiterare quella che è diventata una linea decisa della Santa Sede. Ovvero che le religioni sono la soluzione, e non la fonte, del problema del radicalismo.

Lo fa in un discorso tenuto il 20 settembre ad un “side event” su “Combattere la radicalizzazione e l’estremismo attraverso l’educazione”. Un incontro che la Santa Sede ha contribuito ad organizzare, insieme alle delegazioni di Albania e Giordania.

Il Segretario di Stato vaticano sottolinea che “ogni tipo di soluzione per affrontare il fenomeno” dell’estremismo violento ha multiple soluzioni, e che se da una parte “tutti i componenti della società civile hanno un ruolo nel prevenire la radicalizzazione e l’estremismo violento”, è anche vero che “sono le comunità religiose e i loro leaders” ad essere in una posizione privilegiata, per il solo fatto che vivono immersi nella società. Ci tiene a precisare, il capo della diplomazia vaticana, che i leaders delle comunità religiose “non sono solo chierici”, ma anche “quanti influenzano le narrative delle religioni e delle istituzioni, specialmenti quelli impegnati in lavori sociali, educativi e caritativi”.

Il lavoro dei leaders religiosi non riguarda solo “la formazione di uomini e donne nella pratica religiosa”, ma anche come cittadini responsabili, ed è “particolarmente importante” in caso in cui siamo chiamati a contrastare “narrative distruttive che generano radicalizzazione ed estremismo”.

Coinvolgere i leader religiosi significa chiedere loro di notare se ci sono elementi di radicalizzazione tra i loro membri, e allo stesso ad incoraggiare le persone più giovani a non praticare credo religiosi che possono sfociare nella violenza, “specialmente in comunità colpite da povertà, marginalizzazione e conflitto”.

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È un lavoro che i leader religiosi possono fare a partire dal basso, sviluppando anche un “dialogo interreligioso” che è “un mezzo molto importante di approfondire la conoscenza reciproca, e così superando l’ignoranza sottesa alle attitudini di odio e mancanza di fiducia che alimentano l’estremismo”.

Ci vuole anche dialogo tra comunità religiose e società, si “possono identificare e trattare le ferite della società” che possono portare all’estremismo.

Eppure, nonostante la loro peculiarità e possibilità nel combattere le cause dell’estremismo attraverso iniziative educative, le organizzazioni religiose sono “scoraggiate” da come sono “presentate sui media”. Perché le religioni non sono parte del problema, e il Cardinale Parolin chiarisce che “non è la religione che porta i giovani verso l’estremismo”, ma “interessi politici più ampi malattie sociali che colpiscono i giovani, i quali hanno perso speranza in un futuro migliore”.

“La stessa religione – sottolinea il Segretario di Stato vaticano – è diventa una vittima, dirottata da alcuni che lausano come un pretesto per il terrorismo”.

Di certo, il Cardinale Parolin richiede un maggiore supporto da parte della società civile, anche supporto economico, per assistere soprattutto “le famiglie”, in quanto i genitori sono “i primi educatori dei figli, trasmettono loro non solo il credo che professano, ma anche valori e una solida istruzione”. E le comunità religiose possono dare un gran supporto alla famiglia se sostenute dalla società civile, aggiunge il Cardinale.

In sintesi, ci vogliono più iniziative congiunte tra autorità civili e leaders delle comunità religiose. “Preservando allo stesso tempo la libertà di religione, coscienza ed espressione, i governi nazionali si devono impegnare con le comunità religiose per identificare le forme di radicalizzazione ed affrontare meglio i mali sociali che incoraggiano l’estremismo”, sottolinea il Cardinale Parolin. Perché proprio dalle comunità religiose può venire “quel metodo politico in grado di far nascere una genuina speranza, che crede nel potere della non violenza, che salvaguarda i diritti e la dignità di ogni persona, senza discriminazione o distinzioni”.

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Il Cardinale è intervenuto anche sul tema della resistenza antimicrobica in molte parti del mondo. Un problema che la Chiesa sente con forza, considerando quanto è diffuso il suo sistema sanitario. Il Segretario di Stato sottolinea che la Santa Sede è "cosciente della catastrofica situazione che si potrebbe sviluppare se misure effettive di controllare questa minaccia globale non verranno effettivamente prese dalla comunità internazionale". Il tema è dirimente, e la Santa Sede denuncia che si deve dare maggiore attenzione a quanti sono economicamente e socialmente in condizioni di privazioni, inclusi i poveri, i marginalizzati e le minoranze.