Damasco , lunedì, 19. settembre, 2016 14:00 (ACI Stampa).
Sono tre i patriarchi che hanno lanciato il loro appello per la Siria lo scorso 23 agosto. Un appello ad eliminare le sanzioni economiche sulla Siria, per dare una speranza ad una popolazione ormai martoriata e distrutta. Quell’appello diventa di nuovo attuale in questi giorni, quando – nonostante la tregua – la situazione non sembra migliorare.
Tanto che il 15 settembre un razzo è caduto ad Aleppo, centrando la casa vescovile siro cattolica di Azizieh, ad Ovest della città. Una situazione che ha messo a rischio il cessate il fuoco iniziato con l’Eid, la festa del sacrificio. Un cessate il fuoco che rappresenta l’ultimo atto di una serie di sforzi diplomatici messi in campo da Stati Uniti e Mosca, per cercare di mettere fine ad un conflitto che in cinque anni ha causato oltre 300 mila morti e milioni di profughi.
Al di là della speranza per la fine del conflitto, i tre patriarchi entravano in questioni molto più pratiche. Nell’appello firmato lo scorso 23 agosto, Giovanni X, Ignazio Aphrem II e Gregorio III, patriarchi delle Chiese greco ortodossa e siriaco ortodossa e della Chiesa cattolica melchita, avevano chiesto che la comunità internazionale eliminasse le sanzioni economiche sulla Siria.
Notavano che “queste sanzioni rappresentano un altro aspetto della crisi e creano maggiore pressione su individui, istituzioni, aziende e di conseguenza sull’intera popolazione”. Perché “l’assenza di nuovi investimenti e il bando di voli internazionali verso la Siria, così come la riduzione delle esportazioni verso la nazione e il fatto che alcune aziende siriane siano poste sulla lista del commercio” isola sì la Siria dalla comunità internazionale, ma ha un grave impatto sulle persone. Come ce l’hanno – denunciano – altre sanzioni, come la chiusura di molte ambasciate nonché il blocco dei trasferimenti di denaro.
Tutte decisioni prese per contrastare il finanziamento del terrorismo, e necessarie in un Paese in conflitto, ma che purtroppo colpiscono anche la popolazione, cosicché “i poveri e gli operai” vedono molto a rischio la loro possibilità di provvedere a loro necessità di base. Insomma, “nonostante le risoluzioni” e i processi di pace, la situazione in Siria sta sempre peggiorando.