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Sindone, le ultime ricerche sul Sacro Lino con gli studiosi di tutto il mondo

La Sindone esposta nel duomo di Torino  | La Sindone esposta nel duomo di Torino  | B. Petrik/ CNA La Sindone esposta nel duomo di Torino | La Sindone esposta nel duomo di Torino | B. Petrik/ CNA

Sono stati più di trecento gli studiosi che a Torino si sono riuniti per parlare delle ultime ricerche sulla Sindone. L’incontro annuale del Centro Internazionale di Sindonologia con le realtà collegate e che collaborano con il Centro ha avuto come obiettivo fare il punto su alcuni temi della ricerca sindonica che necessitano di approfondimento. Gli interventi di importanti esponenti del mondo scientifico hanno riguardato il campo della ricerca storica, della formazione dell’immagine sindonica e della sua colorazione, indagini di medicina forense e l’analisi palinologica. Da segnalare la presenza dell’Arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia che ha lodato e incoraggiato l’impegno dei ricercatori.

Secondo Gian Maria Zaccone, Direttore scientifico del Museo della Sindone e Vicedirettore del Centro Internazionale di Sindonologia, troppo spesso l’indagine storica viene finalizzata alla dimostrazione o meno della possibilità che la Sindone sia appartenuta al corredo funerario di Gesù, dove invece deve essere privilegiata la ricerca diretta sull’oggetto. Fondamentale appare invece lo studio del ruolo che essa in quanto immagine ha ricoperto nella storia dell’uomo, quale strumento, per i credenti provvidenziale, di mediazione tra coloro che la contemplano e Colui al quale tale immagine innegabilmente rimanda, Gesù Cristo sofferente, morto e risorto.

Di grande interesse il contributo di Rainer Riesner, professore di “Nuovo Testamento” presso l’Istituto di Teologia Protestante della Facoltà di Scienze Umanistiche e Teologiche di Dortmund, secondo il quale potrebbe sussistere la possibilità di una presenza di componenti della famiglia di Gesù ad Edessa, città dell’attuale Turchia da molti ritenuta prima tappa del lungo percorso della Sindone lungo i secoli.

Flavia Manservigi, dell’Università di Bologna, ha proposto un’esauriente relazione sui flagelli, gli strumenti di tortura i cui numerosi segni sono ben visibili sull’immagine sindonica, segnalando in particolare il ritrovamento di alcuni oggetti catalogati presso i Musei Vaticani quali flagelli dei primi secoli. La relazione sottolinea, sulla base degli accurati studi compiuti sul pur scarso materiale esistente – a cui i sinora trascurati oggetti dei Musei Vaticani portano un rimarchevole contributo pur nella necessità di ulteriori approfondimenti - la possibile compatibilità dei segni presenti sul corpo dell’uomo della Sindone con gli strumenti utilizzati per questo tipo di pena nei primi secoli dell’era cristiana.

Tre interessanti interventi hanno riguardato il trattamento e le caratteristiche dell’immagine sindonica.

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In particolare Nello Balossino, del Dipartimento di Informatica dell’Università di Torino, nonché Vicedirettore del Centro Internazionale di Sindonologia, ha ripercorso gli studi informatici sull’immagine sindonica con particolare attenzione al lavoro svolto dal professor Giovanni Tamburelli – di cui ricorre il 25 anniversario dalla scomparsa - sulla tridimensionalità.

Paola Iacomussi, dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica di Torino, ha proposto un’analisi delle caratteristiche colorimetriche della Sindone, sottolineando il fatto che essa è sostanzialmente monocromatica (con la ovvia eccezione delle parti del Telo bruciate e quelle in corrispondenza delle macchie ematiche). La differenza tra l’immagine sindonica e lo sfondo è principalmente dovuta a differenze in contrasto piuttosto che in tinta. I suoi studi sono stati fondamentali anche per la definizione delle caratteristiche dell’illuminazione del Telo durante le ultime ostensioni.

Nel campo dell’analisi anatomo-patologica, il medico forense Alfonso Sanchez Hermosilla, Direttore dell’Edices (Equipe di investigazione del Centro Spagnolo di Sindonologia) ha presentato lo stato delle ricerche sulle concordanze tra l’immagine sindonica e quanto appare sul Sudario di Oviedo, il telo che la tradizione ritiene possa essere stato utilizzato per coprire il volto di Gesù morto e che ne avrebbe raccolto i fluidi corporei fuoriusciti, dopo la morte, da bocca e naso. Hermosilla ha sottolineato la piena compatibilità di alcune macchie ematiche (e di conseguenza delle ferite che le hanno generate) presenti sui due teli, nonché l’esistenza, a livello di microtracce, di granuli di polline similari a quelli riscontrati sulla Sindone. I due volti risponderebbero inoltre a medesime caratteristiche antropometriche. In sostanza è ragionevolmente possibile, secondo Hermosilla, che i due teli siano stati utilizzati per la medesima persona.

Alla palinologia è stato dedicato l’intervento di Marzia Boi, dell’Università delle Baleari, che, ribadendo la possibilità ed importanza della ricerca palinologica applicata alla Sindone, ha tuttavia messo in luce gli errori, le imprecisioni e le lacune riscontrati nei precedenti studi palinologici sulla Sindone a partire da quelli compiuti degli anni ’70 dal criminologo svizzero Max Frei, proponendo una serie di premesse utili alla realizzazione di eventuali nuovi studi futuri in questo campo. Attualmente studi palinologici si stanno eseguendo, da Marzia Boi e dall’Edices, con buoni risultati sul sudario di Oviedo.