Rimini , venerdì, 26. agosto, 2016 16:00 (ACI Stampa).
Anche il Meeting dell’Amicizia tra i popoli ha accolto con dolore la tragedia del terremoto che ha colpito il Centro Italia, distruggendo interi paesi e causando molti morti; in apertura dei suoi incontri ha pregato per le vittime e le loro famiglie con un momento di silenzio e raccoglimento in tutte le sale per le vittime del terremoto che durante la notte ha sconvolto il Centro Italia, invitando i partecipanti ad aderire alla proposta della CEI alla colletta nazionale che si svolgerà nelle chiese italiane domenica 18 settembre in favore delle popolazioni colpite dal sisma.
La giornata è stata caratterizzata dall’intervento del vescovo di Bologna, mons. Matteo Zuppi, già assistente spirituale di Sant’Egidio, che ha tratteggiato il cammino della Chiesa italiana dopo il convegno di Firenze alla luce delle parole di papa Francesco ai vescovi sul bene comune: “Non esiste un bene cattolico, perché il bene comune è di tutti, e dobbiamo cercarlo insieme agli altri, anche ai musulmani.
La misericordia è la vera rivoluzione. A patto che non sia declinata al ribasso… Sembra quasi una parola ingenua, e lo sarebbe, se non comprendessimo che la troviamo solo guardando il mondo e gli uomini con gli occhi della misericordia”. Mons. Zuppi ha incentrato il suo discorso sul titolo del Meeting: “Senza il tu restiamo prigionieri dell’io, diventiamo preda del relativismo pratico che diventa idolatria. Crediamo di essere padroni di noi stessi riducendoci a un’isola e cancellando il trascendente”.
Poi l’arcivescovo, inframezzando la cucina romana con battute acute, ha offerto un’immagine della misericordia come un collirio che permette di vedere bene la realtà, perché libera dalla diffidenza, dalla tentazione di fermarci alla pagliuzza e permette il rapporto con un tu reale per scoprire che porta con sé un bene. Subito dopo il vescovo ha affrontato la questione della ricostruzione morale e sociale in un’epoca in cui i responsabili della distruzione non sono ben chiari: “Ci hanno rubato la speranza di credere nel bene…
La Chiesa deve esercitare il proprio ruolo per esercitare la ricostruzione: è necessario che i cristiani non si accontentino di una misericordia al ribasso, devono ritrovare il volto di Cristo in tutta la sua intensità. La Chiesa è una madre che aspetta davanti alla porta i suoi figli… Dobbiamo accettare la sfida della ricostruzione, come 70 anni fa, perché tanto bene comune è stato distrutto, a iniziare dalla speranza, e la responsabilità di queste macerie sono tante: dissennatezza, ignavia, indifferenza, presunzione e furto, non solo di soldi ma anche di speranza”. Quindi la strada da seguire per i cristiani è ben tracciata: “La vera questione non è una disciplina interna o un metodo da acquisire, ma la commozione di Gesù di fronte alle folle. Quando avvertiamo questo sentimento di fronte alle tante domande, alle difficoltà, alla confusione in cui vivono i nostri fratelli, troviamo la motivazione che ci serve per scegliere la via della misericordia. Non è qualcosa che sperimentiamo in laboratorio, si tratta di guardare con gli occhi della misericordia”.